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28-04-2023 Una check list per le trasferte all’estero: dalla pianificazione all'operatività, fino al completamento dei lavori

Chi ci segue conosce molto bene le tematiche da affrontare quando si inviano i propri lavoratori oltre confine. Per chiarire ulteriormente la situazione, Lia in collaborazione con TradeCube, partner convenzionato per i servizi di internazionalizzazione, ha deciso di sintetizzarle in una check list che include:   Fase di pianificazione RETRIBUZIONE – In realtà si parla di remunerazione, che è un concetto ancora più ampio. Nella UE/SEE/Svizzera non può essere inferiore al trattamento spettante ai lavoratori localiORARIO DI LAVORO – Qual è l’orario settimanale? Il lavoro straordinario è ammesso?CONTRIBUTI – Quando e come è possibile continuare a pagarli in Italia?ASSISTENZA SANITARIA E INFORTUNI – Che cosa succede se un lavoratore si ammala, ha un incidente o un infortunio all’estero?SICUREZZA – Il nostro DVR, la nostra formazione e tutto quanto riguarda la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori soddisfano le norme locali? Siamo in possesso di tutte le abilitazioni necessarie?FISCO E IVA – Siamo assolutamente certi di non essere tenuti a versare IVA o imposte allo stato di destinazione? Preventivazione dei costi Tutti i punti che abbiamo elencato sopra sono strettamente correlati ai costi da considerare in fase di preventivazione.Parliamo di adeguamenti retributivi e supplementi, contributi, assicurazioni obbligatorie o opportune, limitazioni all’orario di lavoro, gestione di una rappresentanza IVA, adeguamento alle norme di sicurezza, certificazioni e abilitazioni. Preparazione DOCUMENTI – dobbiamo predisporre tutto quanto necessario e richiesto dalla legge, per dimostrare di essere in regolaCERTIFICAZIONI, COMUNICAZIONI E NOTIFICHE – nella UE/SEE/Svizzera ma non solo dobbiamo avvisare le autorità locali che siamo in arrivo e chiedere eventuali permessiINFORMAZIONE – dobbiamo informare il lavoratore su tutti i dettagli della trasferta, dagli aspetti retributivi a quelli sulla sicurezza in generale Sul luogo di lavoro VERIFICHE – Le autorità svolgono le opportune verifiche sui luoghi di lavoro, anche in base alle informazioni che abbiamo comunicato prima della partenzaREFERENTE – La persona di contatto sul posto deve essere collaborativa e dare informazioni e documentiSANZIONI – È quello che succede se non siamo in regola… Negli uffici in sede o dal professionista CEDOLINO PAGA – Deve essere redatto nel rispetto delle norme del paese ospitante, in particolare per quanto riguarda gli adeguamenti retributiviDOCUMENTI – Devono essere tenuti a disposizione delle autorità per il periodo indicato dalla leggeLa fase preparatoria è la più importante, perché è quella che permette di conoscere le informazioni che devono essere scritte sui documenti, sulle comunicazioni, ecc. È anche quella che ci permette di conoscere i costi legati alla trasferta, indispensabili per la redazione dell’offerta. Quando bisogna attivarsi? Il più presto possibile. Teniamo presente che per alcune attività e/o alcune nazioni possono essere richieste autorizzazioni, abilitazioni e/o certificazioni che richiedono anche sei mesi. Il tutto anche per una trasferta di brevissima durata. LIA attraverso il partner TradeCube vi accompagna in tutto il processo. Vi aiutiamo nella fase della pianificazione individuando norme, Leggi, Contratti Collettivi, livelli retributivi minimi, necessità di assolvimento di IVA e imposte.Vi supportiamo poi nella preparazione della documentazione necessaria e anche in caso di problemi sul luogo di lavoro, grazie alla nostra rete di partner internazionali.Restiamo sempre a disposizione per assistervi anche su necessità che sorgono dopo la fine della trasferta, dalle richieste delle autorità locali alle pratiche di chiusura della trasferta o del cantiere.  

27-07-2022 NOVITA' SUI CONTRATTI DI LAVORO

Nel mese di giugno è stato approvato il D.Lgs che recepisce la direttiva UE 1152/2019 e siamo in attesa della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per conoscerne la decorrenza.    Che cosa cambia per i rapporti di lavoro in Italia    Il contratto di assunzione dovrà riportare delle informazioni molto articolate, per le quali in molti casi non sarà possibile, come si fa ora, richiamare il Contratto Collettivo. Citiamo per esempio le ferie spettanti, il periodo di preavviso, la collocazione dell’orario di lavoro, il ricorso al lavoro straordinario.  Ogni modifica alle condizioni contrattuali dovrà essere notificata al lavoratore con una comunicazione che riporti tutte le indicazioni di legge.  Assumere un lavoratore richiederà uno studio approfondito della pratica con riferimento sia alle norme di Legge che al contratto collettivo. Per questa ragione saremo in grado di gestire le pratiche di assunzione solo con un preavviso di almeno cinque giorni lavorativi.    Cosa cambia per le trasferte all’estero     Salvo modifiche dell’ultim’ora, prima dell’inizio della trasferta dovrà essere consegnata al lavoratore una lettera d’incarico che comprende le seguenti informazioni:      TRASFERTA UE/EXTRA UE per prestazioni di servizi (es. installazione, servizi post vendita, montaggio, ecc.)  TRASFERTA UE/EXTRA UE quando non c’è un contratto con il cliente (es. fiere, visite commerciali, meeting, ecc.)  In quali casi  Anche per un solo giorno  Durata superiore a quattro settimane consecutive  Destinazione e durata  SI  SI  Indennità specifiche (es. trasferta) e rimborso spese  SI  NO ma può essere richiesto dalle norme dello stato ospitante  Ulteriori emolumenti inerenti agli incarichi in trasferta  SI  SI  Retribuzione alla quale il dipendente ha diritto in base alle norme dello stato ospitante  SI  NO ma può essere richiesto dalle norme dello stato ospitante  Valuta pagamento retribuzione  SI  SI  Indirizzo del sito internet istituzionale dello stato ospitante dedicato al distacco  SI  NO  Condizioni di rimpatrio se previsto  SI  SI  Lingua  Lo stato ospitante potrebbe prevedere la traduzione (anche certificata) nella lingua locale  Ulteriori informazioni  Potrebbero essere richieste dalla normativa dello stato ospitante      Ciò significa che l’individuazione delle norme di Legge, del contratto collettivo e della retribuzione minima devono necessariamente essere effettuati prima della partenza del lavoratore.    ATTENZIONE: in vari paesi europei la normativa entrerà in vigore dal 1 agosto 2022    Ricordiamo che le norme attualmente vigenti prevedono, in estrema sintesi non esaustiva, i seguenti obblighi per le imprese che inviano i dipendenti in trasferta nei paesi UE/SEE e Svizzera:  notifica all’autorità competente  pagamento della retribuzione vigente nello stato ospitante se più favorevole  richiesta del certificato A1   rispetto delle principali condizioni previste dal Contratto collettivo e dalla legge locale  rispetto delle normative locali in materia di salute e sicurezza sul lavoro  nomina di un referente/rappresentante sul posto  produzione e conservazioni dei documenti richiesti dalle autorità locali  rappresentanza IVA ove obbligatoria  A tali obblighi si possono aggiungere quelli di presentazione di dichiarazioni mensili e iscrizione a enti locali e si applicano anche per un solo giorno di trasferta, salvo rare eccezioni.  Le sanzioni vengono fissate da ogni nazione e si contano sempre in migliaia di euro anche per pochi giorni, con massimali che possono superare i 500.000 €. E possono colpire l’azienda italiana, il cliente, l’impresa ospitante, il legale rappresentanti in qualità di persone fisiche e in alcuni casi anche i dipendenti.  Le autorità possono anche stabilire il divieto di prestare servizi nel paese ospitante o di acquisirvi appalti.     

15-06/2022 Trasferte UE e contratto, la parola chiave è informazione

La Direttiva (UE) 2019/1152, che deve essere recepita dagli stati membri entro il 1 agosto 2022, riguarda la trasparenza e prevedibilità delle condizioni di lavoro nell’ambito dell’Unione Europea. Trasferte UE e contratto, la parola chiave è informazione Ogni lavoratore operante nell’Unione Europea deve essere messo in grado di conoscere e comprendere anticipatamente tutte le condizioni che regoleranno il rapporto di lavoro, in tutti i suoi aspetti. Parliamo di istituzione del rapporto del lavoro, patto di prova e tipo di contratto, ma anche di svolgimento e cessazione del rapporto e di aspetti economici e retributivi. La direttiva specifica nei minimi dettagli il “cosa”, cioè quali sono le informazioni che devono essere fornite ai lavoratori nel contratto di assunzione e qual è il livello di dettaglio richiesto, e il “come”, cioè i tempi e i modi in cui tutto ciò si deve perfezionare. Il contratto di lavoro è il documento essenziale Quando TradeCube chiede ai clienti le copie dei contratti di lavoro dei lavoratori da inviare in trasferta, spesso riceve mezza paginetta di prestampato, dove si fa generico riferimento alle norme contrattuali e di Legge e copia del modello Unilav/COB, il tutto naturalmente in italiano. Spesso la retribuzione indicata sul contratto non è aggiornata, così come non lo sono le qualifiche, i livelli e le mansioni. I modelli Unilav/COB non sono altro che atti unilaterali del datore di lavoro che comunica alcuni dati alle autorità nazionali e generalmente fuori dall’Italia non hanno alcuna rilevanza. Il documento sostanziale è il contratto di lavoro, che ha natura di contratto tra le parti, certifica le effettive condizioni di lavoro e deve essere sempre aggiornato. Le informazioni contenute nel contratto di lavoro Ad oggi la Legge italiana prevede dei contenuti minimi, ma le normative di altri Stati membri richiedono informazioni aggiuntive, come ad esempio che vengano espressamente esplicitati il trattamento del lavoro straordinario, le ferie spettanti e la formazione. Molto spesso richiedono che il contratto di lavoro sia in inglese o nella lingua locale. La nuova direttiva prevede essenzialmente due set di informazioni, che vengono definite “basic” e “supplementary” e per ogni singola informazione stabilisce se sia vincolante per tutti gli stati i singoli stati possano scegliere se renderla obbligatoria o meno sia/non sia possibile operare un generico rimando al contratto collettivo. Saremo quindi in presenza di un set omogeneo di informazioni ma dovremo sempre accertare come è stata recepita la direttiva nel singolo stato di destinazione. Le informazioni obbligatorie per i lavoratori in trasferta nella UE L’art. 7 della direttiva prevede espressamente che, prima della partenza, ai lavoratori debbano essere comunicate una serie di informazioni relative alla trasferta.  In particolare, per le trasferte nella UE, la comunicazione deve riguardare, tra l’altro: la retribuzione alla quale avrà diritto il lavoratore, calcolata sulla base delle norme in vigore nello stato di destinazione le indennità di trasferta/distacco specifiche e le modalità di rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio Queste informazioni sono necessarie solo per le trasferte di durata superiore alle quattro settimane, salvo che gli stati membri dispongano diversamente. La retribuzione deve essere individuata prima della partenza Prima della trasferta il datore di lavoro si dovrà preoccupare di individuare la retribuzione applicabile nello stato di destinazione, come previsto dalle norme di Legge o dai Contratti Collettivi, in base all’attività svolta, al luogo di effettuazione dei lavori e all’inquadramento del lavoratore. Cosa fa LIA Bergamo attraverso il partner Tradecube? Assiste l’azienda con un’analisi personalizzata per l’individuazione delle condizioni economiche da riconoscere al lavoratore in trasferta. Identifica le norme applicabili, l’esistenza di un Contratto Collettivo nazionale o locale, l’inquadramento del lavoratore e prepara l’informativa specifica nella lingua richiesta dallo stato di destinazione.

02-05-2022 RESTRIZIONI COVID VIGENTI AD OGGI

Ecco una sintesi delle restrizioni Covid a oggi: che cosa è stato abolito e che cosa invece è ancora in vigore.     Rientri in Italia dall’estero  Dal 1 al 31 maggio:  non necessita più il PLF (Passenger Locator Form)  è sempre necessario il green pass non rafforzato (tampone, guarigione o vaccinazione)    Green pass per l’accesso al luogo di lavoro Dal 1 maggio non è più necessario.    Mascherina nei luoghi di lavoro L’ordinanza del 28/04/2022 elimina l’obbligo di indossare la mascherina al chiuso, ma resta in vigore il Protocollo condiviso tra Governo e parti sociali del 6 aprile 2021 che ancora lo prevede. La stampa ha evidenziato che con la cessazione dello stato di emergenza la mascherina cessa formalmente di essere un DPI e pertanto verrebbe meno anche la previsione del Protocollo.  L’utilizzo della mascherina nei luoghi di lavoro è quindi raccomandato: date le incertezze è consigliabile un confronto con il medico competente e l’RSPP e un eventuale aggiornamento del protocollo aziendale.  In ogni caso la mascherina deve essere utilizzata qualora non sia possibile mantenere il distanziamento.    Altre disposizioni Covid I Protocolli Condivisi del 6 aprile 2021 sono sempre in vigore e devono essere rispettati in tutte le loro parti.   In particolare il protocollo condiviso per i cantieri prevede l’obbligo di misurazione della temperatura; per quanto riguarda gli altri settori è necessario fare riferimento alle eventuali ordinanze regionali e locali.     Smart working senza accordo individuale  Si ipotizza un’ulteriore proroga al 31/08/2022 (al momento scade al 30 giugno), ma non è ancora definitiva.    Attenzione: Le disposizioni qui sintetizzate si riferiscono alle aziende manifatturiere e commerciali. Le alte attività, in particolare quelle connesse al settore sanitario, scolastico e dei trasporti hanno regole ad hoc che devono essere osservate.   

31-01-2022 MOBILITA’ INTERNAZIONALE E NOVITA’ PRESTAZIONI OCCASIONALI

La nuova ordinanza del Ministero della Salute del 27/01/2022, valida fino al 15/03/2022, mantiene in vigore le restrizioni già in essere, salvo quelle relative agli ingressi dall’elenco C    Ingressi in Italia dall’area UE/Schengen  Dal 1 febbraio gli ingressi dai Paesi dell’elenco C potranno avvenire con l’esibizione di una qualsiasi delle certificazioni verdi (certificato vaccinale, certificato di guarigione oppure tampone) e non più del cosiddetto “green pass rafforzato”.  C – Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca (incluse isole Faer Oer e Groenlandia), Estonia, Finlandia, Francia (inclusi Guadalupa, Martinica, Guyana, Riunione, Mayotte ed esclusi altri territori situati al di fuori del continente europeo), Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi (esclusi territori situati al di fuori del continente europeo), Polonia, Portogallo (incluse Azzorre e Madeira), Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna (inclusi territori nel continente africano), Svezia, Ungheria, Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera, Andorra, Principato di Monaco      Passenger Locator Form (PLF)  Green pass UE attestante vaccino/guarigione/tampone negativo    In assenza – quarantena di 5 gg con comunicazione all’autorità sanitaria e tampone al termine della quarantena        Ricordiamo che le norme da rispettare fanno sempre riferimento ai soggiorni o transiti dei 14 giorni precedenti l’ingresso in Italia e non semplicemente alla provenienza.    Viaggi aerei/treni  Dal 10 gennaio al 31 marzo 2022, l’accesso a mezzi di trasporto pubblico (aerei, treni, navi e traghetti, ecc) è consentito solo ai soggetti in possesso di Green Pass Rafforzato (ottenuto a seguito di vaccinazione, guarigione o una sola dose di vaccino a seguito di guarigione).  L’obbligo di Green Pass Rafforzato non si applica ai voli e trasporti internazionali ma solo ai voli che collegano le città italiane (voli nazionali, ad esempio Roma - Milano).  Raccomandiamo di interpellare sempre preventivamente le compagnie aeree/ferroviarie perché potrebbero applicare misure più restrittive in funzione della destinazione o degli aeroporti di transito.    Restano fermi tutti gli obblighi previsti da altre norme di legge, compresi quelli relativi alla salute e sicurezza sul lavoro ove applicabili.   

03-01-2022 SINTESI NOVITA' 2022

Condividiamo alcune delle novità che riguardano le imprese… non solo Legge di bilancio: negli ultimi 10 giorni del 2021 sono state approvate numerose norme.    QUARANTENA E TRASFERTE ALL’ESTERO    Il DL 229/2021 ha escluso la quarantena per chi ha completato il ciclo vaccinale/è guarito da non più di 120 giorni o ha ricevuto la terza dose, ma solo in caso di contatto stretto con un positivo.  I rientri dalle trasferte sono regolati dall’Ordinanza del Ministero della Salute già in vigore e non viene eliminato l’obbligo di 10 gg di quarantena per i vaccinati che abbiano soggiornato/transitato nei paesi dell’elenco E. Quindi per ora non cambia nulla, almeno fino al 31/01/2022, data di scadenza delle misure in essere.      PROROGA STATO EMERGENZA AL 31/03/2022    La proroga trascina con sé alcune norme:  la possibilità di attivare lo smart working con procedura semplificata, senza l’accordo individuale con il lavoratore  l’obbligo di green pass per accedere ai luoghi di lavoro  la tutela per i lavoratori fragili, fino all’approvazione dell’apposito provvedimento e comunque non oltre il 28/02/2022  i congedi retribuiti per genitori con figli fino a 14 anni o con grave disabilità in caso di DAD, quarantena o Covid dei figli e l’aspettativa non retribuita se i figli hanno dai 14 ai 16 anni non compiuti    ESPORTAZIONI VERSO LA GRAN BRETAGNA  E’ cessato dal 2022 il regime transitorio, che prevedeva semplificazioni per le operazioni doganali.  Invitiamo gli operatori a preparare con anticipo ogni operazione di esportazione, che potrebbe richiedere maggiore o diversa documentazione e più tempo per lo svolgimento delle pratiche doganali.  

15-12-2021 STATO DI EMERGENZA E MOBILITA' INTERNAZIONALE

Come da comunicato stampa della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 14/12/2021, lo stato di emergenza è stato prorogato al 31/03/2022. L'Ordinanza Salute 14/12/2021 - Valida dal 16/12/2021 - proroga le norme già in vigore fino alla fine dello stato di emergenza e comunque non oltre il 31/01/2022.   Link ufficiali  https://www.esteri.it/it/ministero/normativaonline/focus-cittadini-italiani-in-rientro-dall-estero-e-cittadini-stranieri-in-italia/  https://www.esteri.it/wp-content/uploads/2021/12/Restrizioni-allingresso-in-Italia-15122021.pdf    Sintesi orientativa (fanno fede comunque i link ufficiali) attenzione: il riferimento al paese di provenienza deve essere effettuato con riferimento ai luoghi di soggiorno e transito negli ultimi 14 gg    Ingressi dall'elenco C - AUSTRIA, BELGIO, BULGARIA, CIPRO, CROAZIA, DANIMARCA, ESTONIA, FINLANDIA, FRANCIA, GERMANIA, GRECIA, IRLANDA, LETTONIA, LITUANIA, LUSSEMBURGO, MALTA, PAESI BASSI, POLONIA, PORTOGALLO, REPUBBLICA CECA, ROMANIA, SLOVACCHIA, SLOVENIA, SPAGNA, SVEZIA, UNGHERIA, ISLANDA, LIECHTENSTEIN, NORVEGIA, SVIZZERA, ANDORRA, PRINCIPATO DI MONACO  VACCINATI O GUARITI  compilazione PLF  green pass attestante la vaccinazione o guarigione  tampone negativo nelle 48 ore antecedenti il rientro (24 ore se antigenico)   NON VACCINATI E NON GUARITI  compilazione PLF  tampone negativo nelle 48 ore antecedenti il rientro (24 ore se antigenico)   5 giorni di quarantena e notifica all'autorità sanitaria  tampone negativo al termine della quarantena    Ingressi da ARABIA SAUDITA, ARGENTINA, AUSTRALIA, BAHREIN, CILE, COLOMBIA, EMIRATI ARABI UNITI, KUWAIT, INDONESIA, ISRAELE, NUOVA ZELANDA, PERÙ, QATAR, REGNO UNITO, REPUBBLICA DI COREA, RUANDA, URUGUAY, TAIWAN, HONG KONG E MACAO  VACCINATI  compilazione PLF  green pass attestante la vaccinazione  tampone negativo nelle 72 ore antecedenti il rientro (24 ore se antigenico) - per UK nelle 48 ore precedenti (24 se antigenico)  NON VACCINATI - anche se guariti  compilazione PLF  tampone negativo nelle 72 ore antecedenti il rientro (24 ore se antigenico)  - per UK nelle 48 ore precedenti (24 se antigenico)  5 giorni di quarantena e notifica all'autorità sanitaria  tampone negativo al termine della quarantena      Ingressi da USA CANADA GIAPPONE  VACCINATI O GUARITI  compilazione PLF  green pass attestante la vaccinazione o guarigione  tampone negativo nelle 72 ore antecedenti il rientro (24 ore se antigenico)   NON VACCINATI E NON GUARITI  compilazione PLF  tampone negativo nelle 72 ore antecedenti il rientro (24 ore se antigenico)   5 giorni di quarantena e notifica all'autorità sanitaria  tampone negativo al termine della quarantena    Ingressi da SUDAFRICA, LESOTHO, BOTSWANA, ZIMBABWE, MALAWI, MOZAMBICO, NAMIBIA, ESWATINI  Le restrizioni in essere vengono prorogate al 31/01/2022.    Ingressi da ALTRI PAESI  compilazione PLF  tampone negativo nelle 72 ore antecedenti il rientro (24 ore se antigenico)   10 giorni di quarantena e notifica all'autorità sanitaria  tampone negativo al termine della quarantena 

25-10-2021 AGGIORNAMENTO MOBILITA’ INTERNAZIONALI E NOVITA’ LAVORO

La scorsa settimana sono intervenute varie novità in materia di lavoro e di mobilità internazionale.   DL 146/2021, che ha previsto, in estrema sintesi:  la quarantena effettuata dai lavoratori nel 2021 sarà indennizzata dall’INPS come malattia. Ricordiamo che la quarantena disposta dalle autorità estere resta a completo carico del datore di lavoro in quanto non riconosciuta dall’INPS  riconoscimento alle aziende di un contributo forfettario di € 600 per ciascun lavoratore non indennizzato INPS che ha effettuato la quarantena, purchè la sua prestazione non potesse essere svolta in modalità agile   ulteriori settimane di CIG gratuite (senza contributo addizionale) con causale Covid 19 da fruire entro il 31/12/2021. Per le aziende che utilizzeranno la Cassa Integrazione permane il divieto di licenziamento:   9 settimane Cassa Integrazione Ordinaria  13 settimane FIS e CIG in deroga  i congedi indennizzati al 50% per i genitori con figli fino a 14 anni non compiuti (o di qualsiasi età se disabili) che siano posti in quarantena, contraggano il Covid o in occasione della sospensione dell’attività scolastica in presenza. Tali congedi possono essere fruiti anche da artigiani/commercianti e iscritti alla gestione separata INPS (es. amministratori di società)  i permessi non retribuiti per genitori con figli dai 14 ai 16 anni non compiuti nelle medesime condizioni    Ordinanza Ministero della Salute 22/10/2021  L’ordinanza aggiorna le restrizioni Covid alla mobilità internazionale per il periodo dal 26/10/2021 al 31/12/2021.  Vi invitiamo a consultare il sito del Ministero nei prossimi giorni (in questo momento non risulta ancora aggiornato con le nuove normative) https://www.esteri.it/mae/it/ministero/normativaonline/decreto-iorestoacasa-domande-frequenti/focus-cittadini-italiani-in-rientro-dall-estero-e-cittadini-stranieri-in-italia.html  In sintesi i contenuti sono i seguenti:  Le movimentazioni tra Italia/San Marino e Vaticano sono libere e i green pass rilasciati dalle relative autorità sono considerati equivalenti a quelli italiani  Sono stati modificati gli elenchi C e D. Ora l’elenco C include esclusivamente le nazioni appartenenti alla UE e allo spazio Schengen (è stato tolto Israele). L’elenco D, che comprende alcune nazioni extraUE/Schengen per le quali è possibile evitare la quarantena ha subito molte modifiche. Vi invitiamo quindi a consultarlo sempre in caso di necessità.  L’elenco C prevede l’esonero da quarantena e tamponi per chi è in possesso di Green Pass UE  L’elenco D prevede l’esonero dalla quarantena per i soggetti che hanno ultimato il ciclo vaccinale e solo per Canada, Giappone e USA è ammesso anche il certificato di guarigione. Per fruire dell’esonero da quarantena è necessaria anche l’effettuazione di un tampone negativo nelle 72 ore (48 per il Regno Unito) antecedenti l’ingresso in Italia  L’elenco E comporta l’effettuazione di un tampone nelle 72 ore precedenti e di 10 gg di quarantena seguiti da un nuovo test.   Sono state eliminate le restrizioni speciali previste per India, Bangladesh, Sri Lanka e Brasile. Questi paesi sono ora compresi nell’elenco E e possono fruire delle relative eccezioni.    L’eccezione relativa al personale di imprese ed enti aventi sede legale o secondaria in Italia per spostamenti all'estero per comprovate esigenze lavorative di durata non superiore a centoventi ore è riferita esclusivamente alla quarantena: i lavoratori in questione non sono esentati dall’esibizione del green pass o dall’effettuazione dei tamponi ove previsti.  E’ stato previsto che le certificazioni rilasciate da Canada, Giappone, Israele, Regno Unito e USA sono equivalenti al green pass UE.  E’ stata riconosciuta l’equivalenza di alcuni vaccini somministrati all’estero, l’elenco nella circolare https://www.esteri.it/MAE/resource/doc/2021/09/circolare_23settembre.pdf  Attenzione: in molti paesi, anche nella UE, la situazione Covid si sta aggravando e sono stati disposti lockdown e restrizioni all’ingresso. Vi raccomandiamo di verificare giorno per giorno le normative vigenti nello stato di destinazione.  Poniamo la Vostra attenzione sul fatto che il significato del termine “green pass” e il suo contenuto non sono omogenei all’interno della UE. Vi invitiamo a leggere il nostro articolo https://www.tradecube.it/il-green-pass-e-le-trasferte-allestero/ che evidenzia le possibili problematiche. 

27-09-2021 GREEN PASS SUI LUOGHI DI LAVORO E ALL'ESTERO

Il 21/09/2021 è stato pubblicato il DL 127/2021, che prevede l’obbligo del Green pass sui luoghi di lavoro dal 15/10/2021 al 31/12/2021. Siamo in attesa delle linee guida governative, ma nel frattempo vogliamo evidenziare, in modo estremamente sintetico, gli obblighi e i dubbi operativi    Da chi e dove deve essere esibito il green pass?  chiunque svolga un’attività lavorativa, di formazione o volontariato   in qualunque luogo presso il quale acceda  esclusi i lavoratori formalmente esentati dalla campagna vaccinale    Chi controlla?   il datore di lavoro del lavoratore stesso   il datore di lavoro dell’eventuale azienda ospitante  i loro delegati    Come si controlla?  incaricando formalmente dei delegati   sulla base di apposita procedura operativa  al momento dell’accesso presso il luogo di lavoro  solo con l’app “Verifica C19”. Non è obbligatoria la richiesta del documento d’identità     E i lavoratori sprovvisti di Green pass?  Non accedono al luogo di lavoro  Sono considerati assenti ingiustificati  Non hanno conseguenze disciplinari ma solo economiche  Nelle aziende fino a 14 dipendenti il lavoratore, dopo 5 gg di assenza ingiustificata, può essere sostituito. In questo caso è sospeso dal servizio per max 20 gg    E le sanzioni?  Mancato controllo e mancata adozione di misure organizzative – da € 400 a € 1.000  Accesso nei luoghi di lavoro senza Green pass – da € 600 a € 1.500      Punti d’attenzione e dubbi  La mancata istituzione delle procedure organizzative è sanzionata al pari del mancato controllo. Raccomandiamo alle aziende di attivarsi per tempo.  Il decreto parla di verifiche “anche a campione”, deve essere chiarita la portata di questa norma. Riteniamo comunque raccomandabile effettuare le verifiche in modo completo, per garantire la maggior sicurezza possibile in azienda.  La verifica deve essere effettuata al momento dell’accesso “ove possibile”. E’ bene spiegare nel regolamento organizzativo quali sono i casi nei quali ciò non è possibile, motivandoli e regolamentandoli.  Il Garante Privacy ha dato semaforo verde alla verifica del Green pass, ma i dati non devono in alcun modo essere conservati, memorizzati, raccolti, ecc. e l’attività si deve limitare al check da effettuare con la app e, eventualmente, alla verifica del documento d’identità.  Le procedure devono regolamentare in modo preciso come procedere in caso di accertamento di un’infrazione, in quanto i dati dovranno essere comunicati al Prefetto per l’irrogazione delle sanzioni      IL GREEN PASS PER LE TRASFERTE INTERNAZIONALI Molti paesi esonerano dalla quarantena i viaggiatori in possesso di Green Pass oppure i viaggiatori “fully vaccinated”  Attenzione: è sempre necessario verificare nel dettaglio, paese per paese, quali sono le condizioni per essere considerati vaccinati, guariti o testati.    Alcuni esempi:  In Italia un soggetto è considerato   vaccinato quando ha completato il ciclo vaccinale da 14 gg  guarito dopo 180 gg dal primo tampone positivo  “tamponato” quando è in possesso di test antigenico o molecolare negativo effettuato nelle ultime 48 ore  Salvo eccezioni, questi tre requisiti si equivalgono, quindi possono essere fatti valere alternativamente    All’estero e nella UE, ad esempio:  possono essere previsti diversi tempi di attesa dopo aver ricevuto l’ultima o unica dose di vaccino, che possono andare indicativamente dai 7 giorni alle 4 settimane.  i tre status (vaccinato, guarito o testato) non sempre hanno la stessa validità ma vi possono essere associati obblighi diversi  il concetto di “fully vaccinated” può coincidere con quello italiano, ma può anche prevedere l’effettuazione di una o due dosi di vaccino per i guariti  per documentare la guarigione può essere richiesto un test sierologico  può essere valido solo il tampone molecolare, oppure possono essere previsti tempi più stretti per l’antigenico    In ogni caso le singole compagnie aeree e i singoli aeroporti possono avere delle policy che prevedono obblighi particolari (es. il tampone anche ai vaccinati) e sono sempre da consultare prima della partenza. 

13-09-2021 INFORMATIVA - NUOVE REGOLE ORIGINE PREFERENZIALE AREA PANEUROMEDITERRANEA

NUOVE REGOLE ORIGINE PREFERENZIALE AREA PANEUROMEDITERRANEA  come già illustrato più volte in queste pagine https://www.tradecube.it/la-dichiarazione-di-origine-preferenziale-ue/, per poter certificare l’origine preferenziale UE di un prodotto è necessario far riferimento alla regola di origine contenuta nell’accordo di libero scambio stipulato tra L’Unione Europea e il paese nel quale i prodotti devono essere esportati.  La Convenzione Paneuromediterranea stabilisce regole condivise da un gruppo di paesi comprendenti l’SEE, la fascia nordafricana, diversi paesi dell’area balcanica e dell’est europeo geografico.  Come già anticipato in questo articolo https://www.tradecube.it/accordo-paneuromediterraneo/  nel mese di agosto 2020 la Commissione UE aveva approvato una serie di modifiche atte a facilitare gli scambi nell’area interessata.  Il 25 agosto 2021 la Commissione UE ha pubblicato la guida alle nuove regole di origine transitorie.  Le regole transitorie applicabili facoltativamente dal 01/09/2021  Sono applicabili agli scambi di beni con Svizzera, Norvegia, Islanda, Albania, Giordania e Isole Faroe. Per gli altri paesi sono ancora in atto i processi di implementazione del nuovo set di regole.  Nel periodo transitorio gli operatori economici potranno scegliere quali regole applicare, ma solo per i paesi elencati sopra. La scelta dovrà essere effettuata con la massima attenzione perché:  anche se le nuove regole sono più flessibili e hanno l’obiettivo di agevolare gli scambi, non è detto che siano sempre e in ogni caso favorevoli   la scelta dell’utilizzo della regola transitoria presuppone che tutti i soggetti coinvolti nella filiera debbano certificare l’origine sulla base delle nuove regole   eventuali automatismi già presenti nei software utilizzati dall’azienda dovranno essere verificati ed eventualmente adeguati    Che cosa deve fare l’esportatore?  Può anche non far nulla e continuare ad applicare le regole che conosce, ma potrebbe perdere delle opportunità vantaggiose.  La competitività dell’esportatore è direttamente proporzionale alla possibilità che esso ha di piazzare sul mercato prodotti scortati da certificato di origine preferenziale.  Vale quindi la pena di rivedere le regole applicabili ai prodotti destinati all’esportazione verso Svizzera, Norvegia, Islanda, Albania, Giordania e Isole Faroe.  Per poter effettuare questa analisi è necessario chiedere ai fornitori che rilascino dichiarazione di origine preferenziale sulla base delle regole transitorie, accertandosi che indichino chiaramente sulla dichiarazione il set di regole utilizzato. 

30-08-2021 TRASFERTE INTERNAZIONALI

TRASFERTE INTERNAZIONALI – rientri dal 31 agosto 2021  La nuova Ordinanza del 28/08/2021 ha prorogato fino al 25/10/2021 quanto previsto dalle precedenti ordinanze in materia, comprese le disposizioni per i viaggi in Brasile, India, Sri Lanka e Bangladesh e quelle relative ai voli Covid Tested.    Segnaliamo le novità importanti per i viaggiatori che hanno soggiornato o transitato negli ultimi 14 gg da:    paesi dell’elenco D:  Albania, Arabia Saudita, Armenia, Australia, Azerbaigian, Bosnia ed Erzegovina, Brunei, Canada, Emirati Arabi Uniti, Giappone, Giordania, Libano, Kosovo, Moldavia, Montenegro, Nuova Zelanda, Qatar, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord (compresi Gibilterra, Isola di Man, Isole del Canale e basi britanniche nell'isola di Cipro ed esclusi i territori non appartenenti al continente europeo), Repubblica di Corea,  repubblica di Macedonia del Nord, Serbia, Singapore, Stati Uniti d'America, Ucraina; Taiwan, Regioni amministrative speciali di Hong Kong e di Macao.  Non devono più effettuare la quarantena di cinque giorni qualora presentino:  Attestazione, cartacea o elettronica, di aver completato il ciclo vaccinale. La certificazione può essere costituita dal green pass UE oppure da analoga e conforme certificazione rilasciata dall’autorità sanitaria estera  Certificato di tampone negativo effettuato nelle 72 ore precedenti (48 per il Regno Unito)  Presentazione Passenger Locator Form (PLF)  I lavoratori non vaccinati dovranno quindi continuare a effettuare la quarantena di 5 giorni e un nuovo tampone al termine della stessa, salvo eccezioni (trasferta della durata massima di 120 ore) USA, Canada, Giappone: la nuova ordinanza prevede che in aggiunta al green pass UE e al PLF dovranno presentare certificato di tampone negativo effettuato nelle 72 ore precedenti    Brasile, Sri Lanka, India e Bangladesh:  restrizioni prorogate al 25/10/2021 senza eccezioni      Attenzione a:  trasferte della durata massima di 120 ore: danno luogo solo all'esenzione da quarantena, ove prevista. Quindi i lavoratori che si trovano in questa situazione dovranno presentare il Green Pass (paesi UE, Schengen e Israele) oppure effettuare il tampone con il preavviso previsto in funzione del luogo di provenienza  notifica all’ATS di competenza: le ordinanze non prevedono più la notifica immediata del rientro in Italia all’autorità sanitaria di competenza, sebbene questa sia prevista dal DPCM in vigore. In ogni caso la comunicazione all’autorità sanitaria deve sempre essere effettuata in caso di quarantena, perché possa essere attivata la sorveglianza.  nulla è cambiato per coloro che hanno soggiornato o transitato negli ultimi 14 gg dai paesi dell'elenco E (paesi diversi da UE, Schengen, Israele e quelli sopraelencati)

03-05-2021 IMPRESE CHE ESPORTANO IN SVIZZERA

Dal 1 maggio 2021 per le esportazioni in Svizzera non è più ammessa l'emissione dell'EUR.1 previdimato; per tutte le altre destinazioni la scadenza è stata posticipata al 31/07/2021.  Questo significa che l'emissione dell'EUR.1 per la Svizzera sarà soggetta a un'istruttoria da parte delle dogane, che mirano a verificare che l'origine sia stata correttamente attribuita e documentata. Questo potrebbe comportare un allungamento dei tempi e maggiori costi per il rilascio.    La novità non riguarda:  chi avesse già ottenuto lo status di "esportatore autorizzato", che appone la dichiarazione d'origine in fattura indipendentemente dall'importo   le forniture di importo non superiore a € 6.000, per le quali è tuttora ammessa la dichiarazione d'origine in fattura    ATTENZIONE: l'apposizione della dichiarazione d'origine in fattura non esenta l'esportatore dall'accurata documentazione dell'origine preferenziale, secondo la regola stabilita dall'accordo di libero scambio.    Chi non avesse lo status di esportatore autorizzato può continuare a dichiarare l'origine preferenziale con il modello EUR.1: dovrà solo tenere conto del fatto che i tempi si possono allungare. Invitiamo quindi chi si trova in questa situazione a contattare per tempo lo spedizioniere che seguirà l'operazione doganale per poter produrre tutta la documentazione necessaria evitando perdite di tempo.    Ricordiamo che la richiesta dello status di esportatore autorizzato presuppone un audit in azienda da parte della Dogana, finalizzato a verificare che l'azienda sia strutturata per l'attribuzione e documentazione dell'origine preferenziale e che le risorse siano adeguatamente formate.   LIA Bergamo, in collaborazione con il partner TradeCube accompagna le aziende in questo percorso, erogando la formazione necessaria e assistendole nella stesura delle procedure di compliance.

23-04-2021 AGGIORNAMENTO NORMATIVA COVID E RIENTRI DALL'ESTERO

Sintetizziamo le modifiche intervenute nel corso della settimana, in seguito all'Ordinanza Salute del 16/04/2021 e al DL 52 del 22/04/2021 (riaperture). Sintetizziamo unicamente le misure riguardanti le imprese produttive e commerciali diverse da quelle al minuto.  lo stato di emergenza è prorogato fino al 31/07/2021  le misure previste dal DPCM 02/03/2021, qualora non modificate dal DL 52/2020, restano in vigore fino al 31/07/2021   fino al 31/07/2021 è possibile attivare/prorogare lo smart working con la procedura semplificata. La comunicazione deve essere effettuata entro il giorno antecedente l'inizio della prestazione   gli spostamenti tra regioni italiane per ragioni di lavoro continuano a essere consentiti (indipendentemente dal colore della regione) purchè i lavoratori abbiano con sè documentazione a riprova delle ragioni di lavoro e autocertificazione. Segnaliamo che l'ingresso nella Regione Sardegna è ammesso solo previa compilazione di apposito modulo on line dichiarando di essere vaccinati oppure di avere effettuato tampone con esito negativo nelle 48 ore precedenti https://www.regione.sardegna.it/j/v/2834?s=1&v=9&c=94253&na=1&n=8&c1=289&nodesc=1&ph=1  Modifiche in vigore per i rientri in Italia dal 19/04/2021 (ordinanza Salute 16/04/2021)  la quarantena di 14 gg al rientro in Italia viene ridotta a 10gg (per ingressi dal 18/04/2021). Chi è rientrato in Italia fino al 17/04/21 deve completare i 14 gg di quarantena.  non cambia però il periodo di "osservazione", che riguarda i soggiorni e i transiti degli ultimi 14 gg  in estrema sintesi gli obblighi (ad eccezione del Brasile) sono i seguenti:  tampone negativo entro le 48 ore antecedenti l'ingresso in Italia  quarantena (5 gg per elenco C=UE/Schengen/Israele/UK - 10 gg per tutti gli altri stati)  tampone negativo al termine della quarantena  obbligo di dichiarazione (che sarà resa in modalità digitale prima dell'ingresso in Italia)  obbligo di avvisare l'autorità sanitaria dal rientro in Italia  Sono state eliminate le restrizioni relative al Tirolo  Le restrizioni riguardanti il Brasile rimangono in essere   Verrà presto messo a disposizione un modulo digitale on line che sostituirà l'attuale autodichiarazione e dovrà essere compilato prima dell'ingresso in Italia    Vi raccomandiamo di consultare, per approfondimenti e dettagli  http://www.viaggiaresicuri.it/approfondimenti-insights/saluteinviaggio    Precisiamo che quanto qui specificato vale solo:  per il rientro in Italia  in assenza assoluta di sintomi  e che per l'ingresso nei paesi UE/esteri è necessario esaminare le norme e restrizioni in vigore per ogni singola nazione/regione di destinazione.    Il 12/04/2021 sono state emanate le istruzioni del Ministero della Salute per la riammissione in servizio dei lavoratori dopo l'assenza per malattia Covid, che potete trovare a questo link https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2021&codLeg=79702&parte=1%20&serie=null   La procedura è diversificata nei seguenti casi: lavoratori con sintomi gravi e ricovero ospedaliero - prima del rientro, il medico competente effettua la visita prevista dal DLgs 81/2008, indipendentemente dalla durata dell'assenza lavoratori con sintomi - la malattia viene certificata dal medico di famiglia con le normali modalità lavoratori asintomatici - la malattia viene certificata dal medico di famiglia con le normali modalità lavoratori positivi a lungo termine - non possono presentarsi al lavoro prima della negativizzazione del tampone, ma potranno essere adibiti a lavoro agile nel periodo intercorrente tra l'attestazione di fine isolamento e la negativizzazione lavoratore contatto stretto asintomatico - è in quarantena, ma può operare in regime di lavoro agile Le certificazioni, attestazioni e qualsiasi tipo di informazione vengono rilasciate al datore di lavoro solo ove previsto dalla circolare e dalla Legge e sempre per il tramite del medico competente.

08-04-2021 NOVITA' RAPPORTI DI LAVORO, VACCINI E TRASFERTE ESTERO

Vi aggiorniamo sulle seguenti normative/novità che interessano i rapporti di lavoro:  proroga misure anticontagio al 30 aprile 2021   modifiche nelle restrizioni per le trasferte all’estero  decreto sostegni - divieto licenziamento e CIG  vaccini in azienda e privacy  rinnovo CCNL Metalmeccanici Federmeccanica/Assistal  DL 44/2021 – misure anticontagio e vaccini:  ha prorogato gli effetti del DPCM 02/03/2021 al 30 aprile 2021. In particolare sottolineiamo che per le aziende continuano ad applicarsi i protocolli anticontagio già in essere, che raccomandiamo di adeguare anche in relazione alle nuove varianti del virus e di integrare con appositi disciplinari per le trasferte all’estero.  ha previsto l’obbligatorietà del vaccino per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, che svolgono la loro attività    nelle    strutture    sanitarie, sociosanitarie  e socio-assistenziali, pubbliche   e   private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali   Trasferte all’estero: Facendo seguito alla precedente news precisiamo che: -sui siti istituzionali, ancora in aggiornamento, si trovano informazioni parzialmente contrastanti su alcuni casi particolari. Nella tabella abbiamo incluso quanto estratto dalle norme ufficiali ma in caso di dubbio si rende sempre necessaria la conferma delle autorità competenti -anche Israele è stato aggiunto alla lista di paesi -elenco C- che prevendono una quarantena di cinque giorni, come il Regno Unito e l’Austria (ad eccezione del Tirolo)  Decreto sostegni DL 41/2021: Cassa Integrazione e licenziamenti  Il Decreto Sostegni ha previsto il divieto di licenziamento per GMO/motivi economici generalizzato fino al 30/06/2021, e concede ulteriori settimane di cassa Integrazione con causale Covid-19, fruibili dai lavoratori in forza al 23/03/2021:  ·         Imprese con CIG ordinaria (industria/edilizia):  ulteriori 13 settimane gratuite di Cassa Integrazione, fruibili tra il 1° aprile e il 30 giugno 2021  ·         Altri settori:   ulteriori 28 settimane gratuite di Cassa Integrazione, fruibili tra il 1° aprile e il 31 dicembre 2021.  Per questi settori il divieto di licenziamento è prorogato al 31/10/2021.    Contratti a termine  Fino al 31/12/2021 possono essere prorogati o rinnovati senza causale, per un periodo massimo di 12 mesi, entro il tetto massimo dei 24 mesi. La proroga/rinnovo è possibile una sola volta, senza considerare quelli già intervenuti.      Rinnovo CCNL Metalmeccanici Federmeccanica/Assistal  Questo argomento riguarda da vicino tutte le imprese e non solo quelle che applicano il CCNL dei Metalmeccanici, perché tratta dei profondi cambiamenti in corso nell’organizzazione del lavoro.  L’accordo di rinnovo siglato il 05/02/2021 prevede, tra le altre cose, una nuova classificazione dei lavoratori in accordo con i mutamenti avvenuti nell’organizzazione del lavoro.  Le competenze e l’esperienza del lavoratore nelle mansioni sono solo uno dei criteri di professionalità, mentre si sottolinea l’importanza di temi come il senso di responsabilità, l’autonomia, il raggiungimento degli obiettivi, il contributo all’innovazione, che sono elementi indispensabili per le PMI che vorranno restare sul mercato nei prossimi anni. I criteri di professionalità sono i seguenti:  ·         Autonomia-responsabilità gerarchico-funzionale  ·         Competenza tecnica specifica  ·         Competenze trasversali e partecipazione al miglioramento  ·         Polivalenza  ·         Polifunzionalità  ·         Miglioramento continuo e innovazione  Sono definizioni innovative e potenti, con le quali anche le associazioni sindacali dei lavoratori e dei lavoratori certificano il cambiamento.  La riclassificazione dei lavoratori dovrà avvenire entro il 31 maggio 2021 Il nuovo accordo introduce anche un diritto soggettivo alla formazione, su temi specifici e trasversali ben delineati ed esemplificati dall’accordo stesso.   

08-03-2021 DPCM 02/03/2021 - CONFERME E NUOVE RESTRIZIONI PER TRASFERTE ALL'ESTERO

Il DPCM 02/03/2021, in vigore dal 06/03/2021, ha apportato alcune modifiche relativamente alle restrizioni alla mobilità causa Covid-19.   Regole particolari per Brasile, Regno Unito e Irlanda del Nord e Austria  Sono ben dettagliate anche su http://www.viaggiaresicuri.it/approfondimenti-insights/saluteinviaggio   Le regole sono articolate in modo differente, ma è previsto in ogni caso l'obbligo di quarantena per 14 giorni al rientro da questi paesi.  Il DPCM 02/03/2021 ha introdotto delle eccezioni, che riguardano in particolare il personale di imprese con sede principale o secondaria in Italia per spostamenti all’estero per comprovate esigenze lavorative per max 120 ore.   Queste eccezioni sono però ammesse solo previa autorizzazione del Ministero della Salute. Ai seguenti link il modulo e le istruzioni per la richiesta, che deve essere effettuata con 7 giorni di anticipo rispetto all'ingresso in Italia ed accuratamente documentata.  http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_5411_2_file.pdf  http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_5411_3_file.pdf    Ingresso nei paesi esteri  E’ sempre regolato dalle norme locali, che possono variare senza preavviso rendendo difficoltose o impossibili le trasferte già programmate. Importante prevedere clausole contrattuali di salvaguardia che possano tutelare l'impresa in caso di mancato o tardivo adempimento ed eventualmente assicurazioni per annullamento viaggio, per non perdere le spese eventualmente anticipate.   In alcuni paesi è possibile ottenere esenzioni dall'effettuazione della quarantena, per le imprese che svolgono attività ritenute di importanza strategica, quali quelle legate al settore sanitario o dei servizi pubblici. L'ottenimento di un esonero o di un particolare visto all'estero non ha alcuna efficacia sugli obblighi previsti dalla legge italiana.  Qualunque esonero o esenzione vale solo in assenza di sintomi.  Aggiornamenti sui siti delle varie ambasciate e su www.viaggiaresicuri.it, dove è anche disponibile il questionario interattivo https://infocovid.viaggiaresicuri.it/      Monitoraggio dei 14 gg precedenti  Evidenziamo che le prescrizioni e restrizioni valide in Italia, così come in genere quelle previste dagli stati esteri, si applicano con riferimento ai soggiorni o transiti nei 14 gg precedenti l’ingresso nel Paese, e non semplicemente con riferimento alla provenienza.     Elenchi paesi  Bisogna prestare la massima attenzione perchè gli elenchi paesi potrebbero subire modifiche da un giorno all'altro con ordinanza del Ministero della Salute. A volte le modifiche degli elenchi sono contenute nelle ordinanze relative alle regioni italiane o ad altri argomenti e quindi non è sempre facile individuarle.   Consultare sempre:   http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/archivioNormativaNuovoCoronavirus.jsp, oppure    https://www.esteri.it/mae/it/ministero/normativaonline/decreto-iorestoacasa-domande-frequenti/focus-cittadini-italiani-in-rientro-dall-estero-e-cittadini-stranieri-in-italia.html  verificando la data di aggiornamento riportata in alto      Se il dipendente è positivo all'estero  Il rientro dai paesi UE, Schengen, UK e Brasile impone l'effettuazione del tampone all'estero. Il dipendente che risultasse positivo, anche se asintomatico, deve seguire scrupolosamente le indicazioni delle autorità locali che possono essere diverse in base al paese o alla regione.     Quando si rientra in Italia  Non dimentichiamo che, oltre alla compilazione dell'autocertificazione, è obbligatorio comunicare immediatamente all'autorità sanitaria l'ingresso in Italia. Ogni ATS/ASL ha un portale dove sono indicate le modalità per effettuare la comunicazione: on line, tramite e-mail, ecc.    Comprovate esigenze lavorative  E’ opportuno:     rilasciare ai lavoratori documentazione attestante le esigenze lavorative e la sussistenza del rapporto di lavoro     evitare le trasferte non indispensabili e/o di natura commerciale e in ogni caso limitarle a quelle necessarie e indifferibili, in modo particolare se comportano lo spostamento tra più regioni italiane o all’estero. Ricordiamo che il Protocollo Condiviso del 24/04/2020 prevede tuttora il divieto di effettuazione di trasferte.     Voli Covid-tested Rimane l'esonero da quarantena (fatto salvo per chi ha soggiornato o transitato nei 14 gg precedenti dal Regno Unito, Austria e Brasile) per chi fa ingresso in Italia con i voli Covid Tested.  https://www.tradecube.it/nuovi-voli-covid-tested-esonerati-da-quarantena/      Il medico competente  L'art. 5 dello Statuto dei Lavoratori, come ribadito anche dal garante della Privacy, vieta ai datori di lavoro di effettuare accertamenti sullo stato di salute dei lavoratori. Di conseguenza test, tamponi ed accertamenti devono essere prescritti dal medico competente, che deve avere attivato il protocollo per le trasferte all'estero. I risultati dei test, salvo che il dipendente li comunichi all'azienda di sua iniziativa, saranno conoscibili soltanto dal medico competente, che potrà certificare la non idoneità del lavoratore.     Norme che restano in vigore    Restano ferme tutte le prescrizioni previste dal Protocollo Condiviso del 24/04/2020 e dai Protocolli di settore, per le attività produttive e commerciali, compresi i protocolli territoriali e regionali.        E’ quindi di fondamentale importanza non solo applicare i protocolli, ma documentare tutto nel miglior modo possibile, con la stesura di appositi disciplinari, che ricordiamo devono essere soggetti all’approvazione di un comitato formato da RSPP, RLS, rappresentanze sindacali se esistenti e medico del lavoro. Per chi svolge trasferte all’estero, in particolare, è indispensabile adottare un apposito protocollo o integrare quello esistente.    Vista la crescita dei contagi e l’intensificarsi dell’emergenza invitiamo tutti i datori di lavoro a voler riesaminare ed eventualmente adeguare i propri protocolli aziendali.       Raccomandiamo a tutti di convocare il comitato formato da RSPP, RLS, rappresentanze sindacali se esistenti e medico del lavoro allo scopo di documentare ed attestare che le misure vigenti in azienda, anche con riferimento alle trasferte all’estero, sono da tutti ritenute idonee alla prevenzione del contagio in relazione alla situazione attuale.  

31-12-2020 NOVITA' 2021 PER ESPORTATORI

Ecco alcune sintetiche informazioni sulle novità che interessano chi esporta in UK ed in Turchia: TURCHIA - EXPORT SENZA CERTIFICATO ORIGINE L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha comunicato in data 22/12/2020 che il Ministero del commercio della Repubblica di Turchia ha apportato di recente una modifica al Regolamento doganale nazionale turco in base alla quale dal 2021 non sarà più richiesto il certificato di origine per le merci provenienti da Paesi UE se accompagnate da certificato di Circolazione A.TR BREXIT - DAZI DOGANALI L’accordo pubblicato il 25/12/2020 prevede, tra le altre cose, l’esenzione da dazi per i prodotti di origine preferenziale UE. Gli esportatori in grado di fornire prova dell’origine UE manterranno le loro quote di mercato e potrebbero anche incrementarle. Questo perché chi non è in grado o non è attrezzato per certificare e documentare l’origine preferenziale subirà una perdita immediata di competitività, in quanto il compratore sarà assoggettato a dazi sulle merci importate. BREXIT - TERMINI CONTRATTUALI La Brexit influisce pesantemente sugli accordi commerciali con clienti UK. E' importante valutare la rinegoziazione dei contratti in essere e porre la massima attenzione nella stipula di nuovi contratti. Il termine di resa DDP, ad esempio, prevede che il venditore debba sdoganare la merce all'importazione in UK, pagando i relativi diritti. Ciò richiede una rappresentanza/identificazione fiscale ed un codice EORI UK, ma comporta anche la responsabilità, per il venditore, di ritardi e problemi incontrati nella fase di sdoganamento in import. Il termine EXW non è utilizzabile in quanto la cessione in UK richiede la presentazione di una dichiarazione doganale di esportazione. Le barriere doganali ed i dazi potrebbero rendere impossibile o estremamente onerosa l'esecuzione del contratto Le operazioni di triangolazione potrebbero rendere necessario l'addebito dell'IVA al cliente oppure la rappresentanza/identificazione fiscale.   Per tutte queste, ed altre ragioni, si rende necessario un risk assessment approfondito.

28-01-2020 Il viaggio d’affari, o business trip, è distacco?

Oggi analizziamo uno degli aspetti più controversi della normativa sul distacco. Scopriremo che in realtà la normativa è chiara ma viene applicata in modo difforme dalle varie nazioni europee. Tutto parte dalla finalità della trasferta. Quando e perché i lavoratori vengono inviati all’estero? Per effettuare una prestazione di servizi (assistenza, consulenza, manutenzione, installazione, supervisione, collaudo e altro) commissionata da terzi, nell’ambito di quanto contrattualmente stabilito tra il cliente e l’impresa che invia in trasferta il dipendente Per svolgere la propria attività presso le società del gruppo  Nell’ambito di una fornitura di lavoro temporaneo (somministrazione) Per altre ragioni che non implicano la prestazione di un servizio commissionato da terzi, quali la partecipazione a fiere, meeting, convegni, corsi di formazione, l’attività commerciale e di marketing, ecc.  I primi tre casi rientrano in pieno nella normativa sul distacco transnazionale (Direttiva 96/71/CE):  3. La presente direttiva si applica nella misura in cui le imprese (…) adottino una delle misure transnazionali seguenti: a) Distacchino un lavoratore, per conto proprio e sotto la loro direzione, nel territorio di uno Stato membro, nell’ambito di un contratto concluso tra l’impresa che lo invia e il destinatario della prestazione di servizi che opera in tale Stato membro, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’impresa che lo invia; o b) Distacchino un lavoratore nel territorio di uno Stato membro, in uno stabilimento o in un’impresa appartenente al gruppo, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’impresa che lo invia; o c) Distacchino, in quanto imprese di lavoro temporaneo (…….) Quindi la direttiva sul distacco non riguarda i viaggi d’affari (business trip)? Certamente no, come è ben specificato sulle linee guida della Commissione Europea, ma questo non significa che non ce ne dobbiamo preoccupare. Innanzitutto è necessario chiedere sempre il modello A1 perché, come ha specificato la commissione UE nelle sue linee guida, la legislazione sociale non è disciplinata dalle direttive sul distacco, non contempla esclusioni e tantomeno una durata minima. Secondariamente constatiamo ogni giorno come l’interpretazione delle varie nazioni sia difforme da quella della Commissione Europea: la Francia, ad esempio, richiede l’effettuazione di tutti gli adempimenti per qualsiasi trasferta (normativa in via di alleggerimento ma per ora gli obblighi rimangono), la Svezia esclude espressamente i viaggi d’affari; altre nazioni ritengono che qualora esista un rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’impresa che lo invia si tratti sempre e comunque di distacco. Come comportarsi? Certamente è obbligatorio chiedere il modello A1 (preferibilmente con anticipo ma può anche essere richiesto a posteriori) E’ raccomandabile seguire le indicazioni delle singole nazioni e svolgere gli adempimenti che esse richiedono. E’ verissimo che la Commissione UE ha dato un’interpretazione inequivocabile, ma è molto più impegnativo difendersi da un verbale che compilare una notifica… senza considerare che qualsiasi tipo di rilievo può costituire una segnalazione che può avere conseguenze sgradevoli in occasione delle successive trasferte. LIA Bergamo, con il partner TradeCube, aiuta le imprese a districarsi nel labirinto delle norme dei vari stati membri della UE, individuando gli adempimenti e gli obblighi precisi in relazione alla singola trasferta, al tipo di lavoro da svolgere, all’attività del datore di lavoro, alla destinazione, alla durata ed a tutte le altre variabili  i gioco.

24-01-2020 Rimborso CONAI importatori: il termine è a fine febbraio

Come abbiamo già evidenziato nel precedente articolo riguardante gli obblighi CONAI per gli importatori, l’importatore di merci imballate (imballaggi pieni), deve aderire a Conai e versare il contributo ambientale con riferimento agli imballaggi introdotti in Italia. L’obbligo sorge in quanto si introducono sul territorio nazionale imballaggi provenienti dalla UE o dai paesi terzi che, pur non avendo assolto a monte il contributo, dovranno essere smaltiti o riciclati in Italia. Il contributo Conai viene ordinariamente calcolato sul peso degli imballaggi, distinti per materiale. Molti importatori scelgono però ogni anno di avvalersi della procedura semplificata, soprattutto quando risulta difficoltoso o eccessivamente oneroso differenziare e pesare tutti i materiali. Non tutti gli  importatori che utilizzano la procedura semplificata sanno che, se sono anche esportatori, possono avere diritto al rimborso di parte del contributo pagato. La quota da rimborsare è determinata proporzionalmente all’ammontare delle esportazioni rispetto fatturato complessivo dell’impresa. Possono essere richiesti rimborsi solo se superiori a 100 €. Entro il 2 marzo (il 29 febbraio cade di sabato) è possibile presentare domanda di rimborso a Conai Se il contributo è stato calcolato con la procedura semplificata In percentuale sul valore complessivo delle importazioni e degli acquisti UE In misura fissa sulla tara delle importazioni e degli acquisti UE Se il contributo pagato nel 2019 non supera € 3.000,00 In caso di presentazione della domanda con un ritardo contenuto nei 30 gg, Conai rimborserà comunque il 75% dell’importo. Il 2 marzo scade anche il termine per presentare la domanda di rimborso relativa al contributo pagato in misura ordinaria e riferito agli imballaggi esportati (procedura “ex post” per esportazione).  

17-01-2020 Riposo dei lavoratori dopo la trasferta all’estero

Una delle domande ricorrenti che arrivano a TradeCube riguarda il riposo dei lavoratori dipendenti dopo una trasferta all’estero. In realtà non esiste una normativa specifica, ma è necessario rifarsi alle previsioni della Legge italiana e del Contratto Collettivo applicato. Date le particolarità delle trasferte all’estero, spesso non esiste una risposta univoca, ma proviamo a suggerire un percorso logico per arrivare ad una soluzione soddisfacente. Perché non può esistere una regola fissa? Perché la trasferta estera… A volte comporta periodi di viaggio molto lunghi, che possono durare ben oltre le 24 ore e si possono sviluppare in modo completamente diverso da caso a caso Il jet lag ed il fuso orario non sono disciplinati dalla normativa Talvolta è necessario partire la domenica o in un giorno festivo, per poter iniziare il lavoro il lunedì mattina nel luogo di destinazione La domenica non è dappertutto un giorno festivo ed è necessario coordinarsi con le festività locali Potremmo continuare con mille altri esempi, ma proviamo a porre delle basi certe: Ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità (art. 9 c. 1 D.Lgs 66/2003) Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero. Il suddetto periodo di riposo consecutivo è calcolato come media in un periodo non superiore a quattordici giorni (art. 9 c. 1 D.Lgs 66/2003) In sintesi: il lavoratore deve riposare ininterrottamente almeno per 11 ore ogni giorno e per 70 ore ogni due settimane. In quale momento inizia e termina il periodo di riposo? Mentre il trattamento economico del tempo di viaggio può essere disciplinato in modo diverso dai vari contratti collettivi, quindi esistono situazioni nelle quali il tempo di viaggio non è retribuito, il tempo di viaggio non è tempo di riposo. Il lavoratore inizia a riposare al momento del rientro dalla trasferta e termina il riposo quando inizia il successivo turno di lavoro presso la sede abituale, indipendentemente dai trattamenti economici. Ma il riposo nel corso della trasferta? In questo caso devono essere seguite le regole previste dal paese nel quale la trasferta si svolge. In ambito UE  in molti paesi il lavoro domenicale è tassativamente vietato. In altri il riposo giornaliero è 12 ore e non 11, oppure il riposo settimanale deve essere necessariamente goduto settimanalmente e non ogni 14 giorni. Queste norme vanno conosciute e rispettate fintanto che il lavoratore si trova in trasferta. Come affrontare i casi complessi? Con la pianificazione: i periodi di riposo dopo la trasferta dovranno essere programmati con anticipo conteggiando correttamente le ore di riposo spettanti, prevedendo anche dei margini di sicurezza in caso di imprevisti e ritardi. Qualora ci fossero dubbi o riserve è buona norma chiarire in anticipo la situazione con il lavoratore interessato e/o le rappresentanze sindacali, onde non complicare ulteriormente una tematica di difficile interpretazione.

08-01-2020 INCOTERMS 2020 – Novità e Conferme 2, gli altri codici

Riprendiamo, facendo seguito al precedente articolo INCOTERMS® 2020 – Sintesi novità e conferme – I Parte, la sintesi degli Incoterms, nella loro versione 2020. Dopo aver affrontato due termini importanti ed utilizzati come EXW (Ex Works) e FCA, oggi analizziamo tutti gli altri codici come pubblicati dall’ICC – International Chamber of Commerce in modo da completare una tabella di rapida consultazione. CPT – Carriage Paid To  CIP – Carriage and Insurance Paid To In questi due termini di resa esistono due luoghi determinanti. Il luogo di consegna (delivery) che individua il passaggio del rischio Il luogo di destinazione (destination) che individua il punto fino a dove il venditore deve sostenere i costi Nel termine CIP il venditore deve sostenere i costi di un’assicurazione All Risks ICC (A) fino al punto di destinazione FAS – Free Alongside Ship FOB – Free On Board Questi termini si applicano solo al trasporto marittimo. FOB: I rischi e i costi sono del venditore fino all’avvenuto carico della merce sulla nave FAS: i rischi e costi sono del venditore fino all’arrivo della merce a bordo nave, sulla banchina (quay) o su una chiatta (barge) Come sopra evidenziato è possibile utilizzare il termine FCA individuando un porto CFR – Cost and Freight CIF – Cost Insurance and Freight Questi termini sono analoghi a CPT e CIP, ma vengono usati solo per il trasporto marittimo  In questi due termini di resa i luoghi determinanti sono: Il porto di consegna (delivery) che individua il passaggio del rischio: merce caricata sulla nave al porto di partenza Il porto di destinazione (destination) che individua il punto fino a dove il venditore deve sostenere i costi Nel termine CIF il venditore deve sostenere i costi di un’assicurazione ICC (C) fino al punto di destinazione DAP – Delivered at Place DPU – Delivered at Place Unloaded I due termini sono analoghi: DAP – Rischi e costi del venditore fino alla consegna della merce fino ad un determinato luogo sul mezzo di trasporto DPU – Rischi e costi del venditore fino alla consegna della merce fino ad un determinato luogo (adatto allo scarico) scaricata (unloaded)  DDP – Delivered Duty Paid Il venditore effettua la consegna mettendo la merce a disposizione del compratore, sdoganata all’importazione, sul mezzo di trasporto di arrivo, pronta per essere scaricata nel luogo di destinazione convenuto. Il venditore si fa quindi carico, oltre che dei rischi e dei costi fino al luogo convenuto, anche dell’espletamento della pratica doganale di import e del pagamento dei relativi diritti. Tale resa espone il venditore, che diventa importatore, a tutti i rischi ed oneri connessi all’importazione delle merci (responsabilità dichiarazione doganale in import, ritardi ed ispezioni, dazi, possibile onere di nomina di rappresentante fiscale e presentazione di garanzie per l’assolvimento dei diritti doganali) Come scegliere l’Incoterm corretto? Le informazioni fin qui viste sono sintetiche, generiche ed orientative e necessitano di approfondimento. Si raccomanda di: Individuare gli Incoterms utilizzati dall’azienda in relazione alle varie casistiche Analizzarli attentamente verificando se quanto previsto dagli Incoterms è coerente con le obbligazioni previste dai contratti di compravendita e con l’effettivo svolgimento delle operazioni Decidere quali incoterms adottare con le eventuali deroghe, che devono essere contenute al minimo indispensabile Cosa fa TradeCube? L’argomento Incoterms® coinvolge problematiche contrattuali, doganali, logistiche e fiscali. La scelta dell’Incoterm può impattare pesantemente anche sul bilancio e, di conseguenza, sul reddito d’impresa come spiegato dai seguenti articoli: Incoterms – Le merci in viaggio fanno parte delle rimanenze? Incoterms – Internazionalizzazione e bilancio LIA, attraverso il partner TradeCube, grazie ai suoi esperti multidisciplinari, vi accompagna nella scelta e nell’applicazione degli Incoterms per arrivare ad un’operatività celere e fluida, minimizzando costi, errori e rischi grazie a: Formazione Coordinamento delle aree aziendali interessate Definizione di procedure e standard operativi

07-01-2020 INCOTERMS 2020 – Novità e Conferme 1, Ex Works (EXW) e FCA

La versione 2020 degli Incoterms® è stata pubblicata nel mese di settembre dalla International Chamber of Commerce e nel mese di ottobre è stata presentata la versione italiana. Ci si aspettava la soppressione del termine EXW, che porta con sé varie incongruenze quando utilizzato dagli esportatori, ma il termine è stato mantenuto. E’ stato “potenziato” il termine FCA, che si rende sempre più indicato quando vogliamo utilizzare una resa presso il nostro stabilimento o un punto intermedio fino al porto di imbarco. E’ stata sottolineata la vocazione marittima dei termini FAS FOB CFR e CIP e sono stati stabiliti diversi livelli di assicurazione per i termini CIF e CIP; è stato inoltre soppresso il termine DAT, sostituito dal nuovo DPU. Analisi Incoterms 2020 parte 1, EXW e FCA Vediamo ora una breve sintesi negli Incoterms® 2020, premettendo alcune regole fondamentali: Gli Incoterms® sono intraducibili Devono essere indicati in modo completo (con luogo/porto di consegna/destinazione e riferimento a Incoterms® 2020) Disciplinano la consegna, il passaggio dei rischi ed il sostenimento dei costi, ma non il passaggio di proprietà Ricordiamo che l’Incoterm prescelto ha conseguenze importanti in ambito: Contrattuale e commerciale Doganale e IVA Logistico ed assicurativo Bilancio d’esercizio e di conseguenza determinazione del reddito d’impresa. Bilancio e Rimanenze EXW – Ex Works Il venditore effettua la consegna con la messa a disposizione della merce a terra nei propri locali o in altro luogo convenuto.  Non effettua le operazioni di carico né la dichiarazione doganale all’esportazione. Nella realtà in genere il venditore si occupa anche del carico delle merci e compare come “esportatore” sulla dichiarazione doganale di export, la quale deve essere necessariamente resa da un soggetto stabilito nella UE, quindi di fatto si verifica un’incoerenza tra l’effettivo svolgimento delle operazioni e quanto contrattualmente stabilito. Per queste ragioni l’Incoterm EXW è applicabile solo alle vendite domestiche e la resa FCA appare più appropriata per le esportazioni. FCA – Free Carrier Il passaggio dei rischi e dei costi al compratore può avvenire in due momenti: Consegna presso la sede del venditore Merce caricata e sdoganata all’export presso la sede del venditore; i rischi passano quando la merce è caricata Consegna presso un luogo terzo (anche un porto) Merce caricata e sdoganata all’export presso la sede del venditore; trasportata e messa a disposizione NON SCARICATA nel luogo indicato; i rischi passano quando il mezzo di trasporto carico arriva nel punto individuato Se previsto contrattualmente è possibile ottenere la polizza di carico con annotazione «On Board» anche con la resa FCA (necessaria per lettere di credito) Ci aggiorniamo nei prossimi giorni con la seconda parte e Vi ricordiamo che TradeCube, con i suoi esperti multidisciplinari, è in grado di accompagnarvi non solo nella scelta degli Incoterms più adatti, ma anche nella formazione e nella creazione delle procedure aziendali indispensabili per coordinare tutti gli aspetti sopra evidenziati.

05-12-2019 Le regole per la prova della cessione IntraUE

Il nuovo Regolamento d’Esecuzione 2018/1912 ha modificato la tipologia di documenti di cui deve essere in possesso un soggetto che cede ad altro soggetto UE per provare l’avvenuta cessione intracomunitaria delle merci. Il regolamento prevede due distinte casistiche a seconda dei soggetti coinvolti nella cura del trasporto: Se è il soggetto cedente a curare il trasporto il venditore debba essere in possesso alternativamente di: Due elementi di prova non contradditori tra quelli elencati nel paragrafo 3, lettera A del regolamento, tra cui:1) Lettera CMR;2) Polizza di carico o fattura di trasporto aereo;3) Fattura emessa dallo spedizioniere. Oppure: Uno qualsiasi dei singoli elementi di cui al paragrafo 3, lettera a), sopra riportati, in combinazione con uno qualsiasi dei singoli elementi di prova non contradditori di cui al paragrafo 3, lettera b), che confermano la spedizione o il trasporto, rilasciati da due parti indipendenti l’una dall’altra. Le prove di cui al paragrafo 3 lettera b) sono:1) Una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;2) Documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;3) Una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro. Se invece è il cessionario a curare il trasporto il cedente deve essere in possesso di: Una dichiarazione scritta dall’acquirente che certifica che i beni sono stati trasportati o spediti dal cessionario, o da un terzo per conto dello stesso acquirente, e che identifica lo Stato membro di destinazione dei beni con l’indicazione di: Data di rilascio; Nome e l’indirizzo dell’acquirente; Quantità e la natura dei beni; Data e il luogo di arrivo dei beni; Nel caso di cessione di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo di trasporto; nonché l’identificazione della persona che accetta i beni per conto dell’acquirente. NB: Tale dichiarazione deve essere consegnata dall’acquirente al venditore entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione. Congiuntamente a: Due elementi di prova non contradditori tra quelli elencati nel paragrafo 3, lettera A del regolamento, tra cui:1) Lettera CMR;2) Polizza di carico o fattura di trasporto aereo;3) Fattura emessa dallo spedizioniere. Oppure: Uno qualsiasi dei singoli elementi di cui al paragrafo 3, lettera a) in combinazione con uno qualsiasi dei singoli elementi di prova non contradditori di cui al paragrafo 3, lettera b), che confermano la spedizione o il trasporto, rilasciati da due parti indipendenti l’una dall’altra. Le prove di cui al paragrafo 3 lettera b) sono:1) Una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni;2) Documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio da un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;3) Una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato membro.

28-11-2019 Vendere online all’estero: attenzione agli aspetti strutturali

Per quanto sia una componente importantissima, anzi vitale, di ogni progettualità legata alla promozione e alla commercializzazione di prodotti e servizi, il digitale non è una soluzione sempre e comunque fattibile e vincente, in particolare quando si vuole vendere all’estero. Innanzitutto, non è detto che, se un prodotto funziona su un mercato estero utilizzando i canali tradizionali, lo stesso sia vero per il mondo delle vendite digitali. Gli aspetti da analizzare sono tanti, e per molti versi riflettono quelli presi in considerazione quando si affronta in prima battuta il problema dell’internazionalizzazione. Vendere online all’estero: prima le questioni strutturali Possiamo identificare diverse tipologie di criticità riguardo all’impostazione di un programma di vendita all’estero su piattaforme digitali, a partire da quelle strutturali, legate all’accesso a internet e ai vari canali, ma anche alla logistica: Ovviamente, serve analizzare se l’accesso ad internet nel paese che ci interessa è tecnicamente presente e di qualità, e qual è l’attitudine verso l’acquisto su internet delle persone. Non occorrerebbe nemmeno dirlo, ma spesso si tende a sottovalutare l’ovvio. Bisogna chiedersi quali sono le piattaforme ideali. E-Commerce proprietario o marketplace esterni? E quali marketplace? Zone diverse offrono diverse soluzioni, basti pensare ad Alibaba in Cina contro Amazon nel mondo occidentale, o Rakuten in Giappone. Occorre analizzare la situazione normativa, e ciò riguarda non solo gli aspetti doganali e fiscali, ma anche le restrizioni all’accesso alla rete che alcuni paesi mettono in atto sia per le imprese che vogliono vendere, sia per i clienti finali. Quali sono le norme relative alla privacy? Alla sicurezza? All’antiterrorismo? Al controllo delle sostanze? Alla limitazione delle opinioni e della libertà di scelta? Non diamo per scontato che tutti siano liberi come noi… Una volta che il prodotto è su uno store, come viene pagato? I sistemi di pagamento con tutte le implicazioni relative alla privacy e alla sicurezza ovviamente variano. Il 92% dei cinesi usa soluzioni per smartphone (ad esempio WeChat) come mezzo principale di pagamento. Occorre pensare in modo libero da preconcetti alla logistica e ai trasporti. Come vengono consegnati i prodotti e come tornano indietro in caso di restituzione? Come funziona la ricezione della corrispondenza nel paese target? Esistono limitazioni fisiche? E’ normale la consegna a domicilio o si usano sistemi come centri di smistamento comuni o caselle postali? Ma non solo. Quali sono le norme e le aspettative sugli imballaggi? La guerra ai materiali plastici è ormai una costante in tutto il mondo, e i modi per affrontarla possono variare. Struttura ma anche comunicazione e promozione A questo punto, nel momento in cui siamo pronti ad offrire, vendere, imballare e consegnare il nostro prodotto, oltre a vedercelo pagare, la sfida è però appena iniziata. Si apre la partita della promozione. Quali sono i canali di comunicazione? Dove e come pubblicizzare? Quale linguaggio (inteso sia in termini di idioma che di sistema comunicativo) sarà meglio utilizzare?

22-11-2019 Accordo di libero scambio Singapore: da oggi al via!

L’export verso Singapore interessa oltre 50.000 imprese europee, per la maggior parte di piccole e medie dimensioni, che da oggi potranno avvalersi di una formidabile leva commerciale. Entra infatti oggi in vigore l’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e Singapore, che prevede un abbattimento bilaterale dei dazi. Oltre all’aspetto daziario, gli scambi commerciali saranno agevolati dalla rimozione di alcuni ostacoli tecnici, che interesseranno, tra gli altri, i settori di elettronica, automotive, energie rinnovabili e dispositivi sanitari. I prodotti destinati a Singapore dovranno essere scortati da dichiarazione di origine preferenziale per poter beneficiare delle riduzioni daziarie. Ciò significa che già da oggi potreste avere la necessità di tracciare e documentare l’origine dei Vostri prodotti destinati ad essere esportati a Singapore, ma anche di quelli forniti agli esportatori italiani. Dichiarazione di origine preferenziale Come già sottolineato più volte, l’origine non è la provenienza. Per poter conferire l’origine Europea in molti casi è necessario, soprattutto per i prodotti industriali ma non solo, tracciare l’origine dei componenti che ne fanno parte e determinarne la partecipazione al valore del prodotto venduto, seguendo le regole stabilite dall’accordo bilaterale per ogni voce doganale. Il percorso logico da seguire prevede l’individuazione: Della voce doganale del prodotto Della regola di origine da applicare Dell’origine dei componenti utilizzati e/o del luogo di svolgimento di tutte le fasi del processo produttivo  Una volta reperiti e soprattutto documentati questi elementi occorre verificare se, in funzione di essi, il prodotto da esportare ha le caratteristiche per essere definito di origine preferenziale UE. I prodotti privi di queste caratteristiche perderanno competitività, il che potrebbe rendere opportuna una revisione delle strategie, ad esempio relativamente alla scelta dei fornitori. Necessario lo status di Esportatore Autorizzato Segnaliamo inoltre che sarà necessario acquisire lo status di “esportatore autorizzato”, che prevede un audit doganale atto ad accertare che l’azienda abbia le conoscenze, l’organizzazione e le risorse per gestire correttamente l’attribuzione dell’origine. Ad oggi l’audit doganale è il presupposto per dichiarare l’origine preferenziale anche verso il Canada, la Corea del Sud ed il Giappone. LIA, attraverso il suo partner Tradecube, è a disposizione per avviare un percorso di compliance doganale basato su: Formazione delle risorse Corretta classificazione dei prodotti ed interpretazione delle regole di origine Stesura delle procedure operative Coordinamento ed organizzazione delle aree aziendali coinvolte

20-11-2019 Internazionalizzazione, le debolezze delle imprese italiane

uali sono le debolezze delle PMI italiane quando si tratta di internazionalizzazione? Le imprese del nostro paese si distinguono spesso per spiccate caratteristiche di dinamicità. Tuttavia, affrontare un procedimento di internazionalizzazione richiede un approccio serio e metodico, oltre a punti fermi non derogabili. Le criticità e le debolezze in 5 punti Prima di tutto, per internazionalizzare serve una vera cultura dell’internazionalizzazione. Sembra quasi un’ovvietà, ma molte volte alla volontà di internazionalizzare non si accompagna la necessaria apertura mentale. Magari, ad esempio, per diffidenza verso le collaborazioni, che per affrontare un procedimento così critico e multisfaccettato sono fondamentali. Ma spesso, c’è anche timore di incontrare diversità linguistiche, istituzionali o culturali, inevitabili negli scambi commerciali a lungo raggio ma anche quando si parla di paesi molto vicini (abbiamo trattato su questo blog della situazione Italia-Germania). Per aprire al commercio estero occorre un vero e proprio sistema informativo di marketing. Un insieme di persone, strumenti e procedure che raccolga, e gestisca informazioni sui potenziali clienti e mercati, allo scopo di costruire una struttura che offra dati accurati e aggiornati ai marketing manager. C’è poi la vera e propria carenza informativa nei confronti delle caratteristiche dei mercati esteri, in termini di consumatori, normative, strumenti di comunicazione o canali distributivi Ovviamente, la presenza di risorse umane specializzate, ma soprattutto multilingue è fondamentale. Purtroppo, le imprese italiane e il paese in generale si portano dietro una debolezza sulla conoscenza delle lingue straniere che parte sin dalle scuole dell’obbligo. L’internazionalizzazione non può essere in altre parole considerata un qualcosa di “fatto e finito”. Rappresenta invece una costante da tenere ben presente in termini di approccio, filosofia e sviluppo aziendale.

24-10-2019 NUOVI INCOTERMS® 2020 – Presentazione in arrivo!

La Camera di Commercio Internazionale ha pubblicato in data 10/09/2019 i nuovi Incoterms 2020. I cambiamenti chiave riguardano il termine DAT, che diventa DPU, l’assicurazione nei termini CIP e CIF, e la possibilità di ottenere una “onboard bill of lading” utilizzano il termine FCA. La consultazione degli Incoterms è diventata più agevole e sono stati adeguati alle novità in materia di modalità e sicurezza del trasporto. La presentazione ufficiale in Italia avverrà nel prossimo mese di ottobre: nel frattempo è utile ricordare ciò che è necessario sapere per il loro utilizzo. Gli INCOTERMS non sono norme fiscali, né principi per la redazione del bilancio d’esercizio, ma impattano pesantemente sulla materia doganale, fiscale e sulla redazione del bilancio.  Permettono di capire chi paga il trasporto e fino a dove questo trasporto è pagato influisce direttamente sulla determinazione del valore doganale In molti paesi del mondo l’Incoterm è determinate per definire il valore sul quale si calcolano i diritti doganali La scelta corretta dell’Incoterm è fondamentale nelle triangolazioni, perché possa venire riconosciuta la non imponibilità ai fini IVA Nella redazione del bilancio d’esercizio può avere un impatto significativo la rilevazione della merce in viaggio, che è legata al trasferimento dei rischi e dei benefici, disciplinato dagli Incoterms La scelta dell’INCOTERM è inoltre fondamentale quando il pagamento è assistito da un credito documentario o comunque da una forma di pagamento che prevede come condizione fondamentale la consegna della merce e soprattutto il possesso di tutta la documentazione a supporto. I momenti rilevanti nella compravendita internazionale sono fondamentalmente tre: La consegna Il passaggio dei rischi Il passaggio di proprietà Il punto critico? Il passaggio della proprietà E’ bene sapere che la consegna ed il passaggio dei rischi sono definiti contrattualmente mediante l’uso dell’incoterm, ma il non il passaggio di proprietà. Il passaggio di proprietà deve essere definito contrattualmente, oppure si verifica in base alla legge applicabile al contratto di compravendita. La pubblicazione degli Incoterms 2020 è un’ottima occasione per approfondire veramente bene la tematica: spesso le aziende, per mancanza di tempo o per consuetudine, utilizzano i medesimi incoterms da sempre senza sviscerarne il contenuto e senza valutare le responsabilità effettivamente connesse a quel termine. Sollecitiamo tutte le aree vendite, acquisti, amministrazione, logistica ad attivarsi per tempo, in modo da avere le idee chiare per il 2020; a tale scopo il nostro partner STUDIO DEL NEVO organizza, in collaborazione con Quality Services e Studio Toscano-Carbognani, per il 28 ottobre 2019 a Parma un seminario di aggiornamento sul tema “NUOVI INCOTERMS – EDIZIONE 2020“, nel corso del quale verranno esaminate tutte le novità e modifiche che entreranno in vigore nel 2020.

23-10-2019 Incoterms 2020 – Le merci in viaggio fanno parte delle rimanenze?

Anche i meno esperti sanno bene che l’iscrizione delle rimanenze a magazzino è una delle operazioni più importanti nell’elaborazione del bilancio. A fine anno è obbligatorio redigere l’inventario, vale a dire andare fisicamente in magazzino a verificare, contare, pesare, misurare le giacenze per poi procedere ad operazioni di valutazione che possono essere piuttosto complesse. L’internazionalizzazione ha un po’ modificato i termini della questione, perché possiamo avere il problema della merce in viaggio. Un carico in viaggio da o per un altro continente potrebbe restare in mare settimane o mesi e quindi, per l’importatore, non è assolutamente inusuale essere in attesa di uno o più carichi alla data di chiusura del bilancio. Abbiamo visto nel precedente articolo come i Principi Contabili di Bilancio, in seguito alla modifica del codice civile, si siano evoluti nell’ottica della prevalenza della sostanza sulla forma. Merci in viaggio e valutazione rimanenze Il Principio OIC 13 è quello che disciplina la rilevazione e valutazione delle rimanenze merci a magazzino e cita espressamente le merci in viaggio I beni rientranti nelle rimanenze di magazzino sono rilevati inizialmente alla data in cui avviene il trasferimento dei rischi e benefici connessi al bene acquisito.  17. Il trasferimento dei rischi e dei benefici avviene di solito quando viene trasferito il titolo di proprietà secondo le modalità contrattualmente stabilite.  18. Se, in virtù di specifiche clausole contrattuali, non vi sia coincidenza tra la data in cui avviene il trasferimento dei rischi e dei benefici e la data in cui viene trasferito il titolo di proprietà, prevale la data in cui è avvenuto il trasferimento dei rischi e dei benefici.  Le rimanenze di magazzino possono includere a titolo esemplificativo ma non esaustivo: (…) c) materiali, merci e prodotti acquistati, non ancora pervenuti bensì in viaggio quando, secondo le modalità dell’acquisto, sono stati già trasferiti alla società i rischi e i benefici connessi al bene acquisito (…). Con riferimento alla compravendita internazionale ci troviamo nella seguente situazione: la consegna ed il passaggio dei rischi sono definiti contrattualmente mediante l’uso dell’Incoterm, ma il non il passaggio di proprietà. Quando avviene il passaggio di proprietà? Il passaggio di proprietà deve essere definito contrattualmente, oppure si verifica in base alla legge applicabile al contratto di compravendita. E’ di tutta evidenza che può non essere semplice individuare il momento del passaggio della proprietà se questo non è stato contrattualmente individuato in modo univoco, ma il momento del passaggio dei rischi è individuato in modo inequivocabile dal termine di resa Incoterm. Ancora una volta vediamo quindi che, nell’ambito di complesse valutazioni di bilancio, la conoscenza approfondita degli Incoterms agevola le nostre scelte e ci è di aiuto per evitare errori. Non perdete quindi il seminario di aggiornamento previsto per il 28 ottobre 2019 a Parma sul tema “NUOVI INCOTERMS – EDIZIONE 2020” nel corso del quale verranno esaminate tutte le novità e modifiche che entreranno in vigore nel 2020.

21-10-2019 Incoterms 2020, internazionalizzazione e bilancio

I bilanci delle PMI vengono in genere redatti in base al codice civile ed ai Principi Contabili Nazionali OIC, che stabiliscono le varie regole in base alle quali determinate voci debbano essere rilevate, valutate e collocate in bilancio. Il rispetto di queste regole, e di conseguenza la corretta redazione del bilancio d’esercizio, hanno un impatto immediato su un aspetto che non piace per nulla all’imprenditore, vale a dire l’ammontare delle imposte da pagare.  Ancora più importante può essere l’impatto che i numeri di bilancio hanno all’esterno, cioè sui nostri clienti/fornitori/contatti (non solo italiani) e sulle banche, che ci attribuiscono un rating. Non parliamo soltanto del risultato di bilancio, che può essere positivo o negativo, ma anche e soprattutto di tutte le voci che lo costituiscono, che, combinate, raffrontate e rapportate tra loro, danno luogo a quella serie di indici che ci può fare diventare un soggetto “solido” “liquido” inaffidabile” “sottocapitalizzato” ed altro ancora. Già dal 2016 il codice civile è stato modificato, con l’introduzione, tra i principi di redazione del bilancio, il concetto di prevalenza della sostanza sulla forma: la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell’operazione o del contratto  Che cosa significa questo e, soprattutto, che c’entra con gli Incoterms? Premesso che con gli Incoterms le parti definiscono la ripartizione dei rischi ed oneri inerenti la spedizione internazionale delle merci, analizziamo il nuovo OIC 15 (crediti), che ci dice che i crediti devono essere iscritti in bilancio quando si è verificato il passaggio sostanziale e non formale del titolo di proprietà assumendo quale parametro di riferimento, per il passaggio sostanziale, il trasferimento dei rischi e benefici.  Salvo che le condizioni degli accordi contrattuali prevedano che il trasferimento dei rischi e benefici avvenga diversamente: (a) in caso di vendita di beni mobili, il trasferimento dei rischi e benefici si verifica con la spedizione o consegna dei beni stessi. In pratica il principio contabile ci dice che, indipendentemente dai documenti fiscali e contabili (fattura/pagamento), il credito deve essere rilevato nel momento in cui avviene il trasferimento dei rischi e dei benefici che, in assenza di accordi contrattuali, coincide con la consegna. La chiave sono proprio gli accordi contrattuali: citare un Incoterm su un documento equivale ad una vera e propria pattuizione contrattuale che definisce con estrema precisione il momento della consegna e del passaggio dei rischi e benefici (che possono non coincidere).  Questo significa che chi redige il bilancio e le scritture di assestamento non si deve limitare alla contabilizzazione dei documenti fiscali, ma deve approfondire le pattuizioni contrattuali e conoscere bene gli Incoterms. Cosa accade in assenza di incoterms? In assenza di Incoterms ed altre pattuizioni contrattuali, quale sarebbe il momento della consegna? La messa a disposizione di merce pronta presso la mia sede? La partenza della merce? L’arrivo della merce a destinazione? La consegna al terminal? La consegna al porto? La presa in carico formale da parte del cliente?  L’Incoterm, utilizzato e citato correttamente, dà quindi certezza anche alle valutazioni operate in bilancio, che diventano sempre più importanti nell’ottica dell’internazionalizzazione d’impresa. Non perdete quindi il seminario di aggiornamento previsto per il 28 ottobre 2019 a Parma sul tema “NUOVI INCOTERMS – EDIZIONE 2020”, nel corso del quale verranno esaminate tutte le novità e modifiche che entreranno in vigore nel 2020.

28-09-2019 Brexit e trasferte dei lavoratori dipendenti – Seconda parte

Nel precedente articolo abbiamo sottolineato l’incertezza nella quale sono costrette ad operare le imprese che scambiano servizi con il regno Unito. Vedremo oggi alcune delle difficoltà concrete che potremo incontrare dopo il 31/10/2019. Sappiamo che l’effettuazione delle trasferte in ambito UE richiede lo svolgimento di pratiche amministrative a volte complesse e la nomina di rappresentanti e referenti. Paradossalmente, il Regno Unito è una delle nazioni che ha recepito la direttiva sulle trasferte nel modo meno rigido. Salvo che per il settore edile e per attività da svolgere in particolari contesti, non è prevista alcuna formalità amministrativa, se non la richiesta del modello A1, oltre ovviamente al rispetto delle norme vigenti nel paese. Che cosa succederà dal 1 novembre 2019? Le prime difficoltà riguarderanno proprio l’ingresso dei lavoratori nel Regno Unito partendo dai seguenti elementi: Passaporto, che dovrà avere validità residua di almeno 6 mesi al momento dell’ingresso in UK. Raccomandiamo a chi non l’avesse o a chi avesse una durata residua insufficiente di richiederlo per tempo. Visto per lavoro: per chi si recherà nel Regno Unito a lavorare (work) sarà certamente necessaria la richiesta di un visto di lavoro, con tempi e costi ad oggi imprevedibili. Visto per affari: il 10 aprile 2019 è stato approvato il regolamento (UE) 2019/592, che ha incluso i cittadini del Regno Unito post-Brexit tra i soggetti esentati dal visto, per viaggi d’affari di durata non superiore a 90 giorni nel semestre. In buona sostanza, il legislatore della UE si è preoccupato di agevolare l’ingresso nell’Unione ai cittadini UK dopo il 31/10/2019 prevedendo però che tale agevolazione sarà valida purché il Regno Unito non introduca l’obbligo di visto per i cittadini UE. La necessità del controllo dei passaporti potrebbe portare con il tempo anche a difficoltà di ingresso nel paese, soprattutto se sul passaporto risultano visti di ingresso o permanenze prolungate in nazioni che il Regno Unito considera “ostili”. Si spera nella reciprocità Attualmente il regolamento è pubblicato con “data di entrata in vigore sconosciuta”: si auspica che il Regno Unito post Brexit possa operare in una logica di reciprocità esportazione attrezzature e materiali: il dipendente in trasferta dovrà “far dogana” e quindi dichiarare qualsiasi bene porti al seguito. Non sappiamo quali regole si applicheranno, se ci saranno esenzioni e franchigie: la prudenza impone di spedire separatamente ed anticipatamente tutti i beni necessari all’esecuzione del servizio ed assicurarsi che siano arrivati sul posto prima di inviarvi il lavoratoreRicordiamo che TradeCube, insieme al suo partner AEG Corporation, gruppo internazionale con sede nel Regno Unito, può garantire un contatto diretto sul posto in grado di aiutarvi efficacemente ad affrontare ogni problema e criticità.

27-09-2019 Brexit e trasferte dei lavoratori dipendenti – Prima parte

La confusione sul tema Brexit, in particolare con lo scenario no deal che si avvicina, è sempre più generalizzata, eppure, comunque vada, tante aziende sono ben consapevoli che i propri dipendenti dovranno effettuare delle trasferte in UK anche dopo il 31/10/2019. Molte aziende italiane hanno installato impianti e macchinari ad elevata tecnologia di loro produzione in UK garantendone la manutenzione e riparazione e sanno che dovranno intervenire su base regolare oppure con scarsissimo preavviso in caso di emergenza.  Che ne sarà di assistenze e garanzie? Sappiamo benissimo che non essere in grado di effettuare un intervento in garanzia tempestivo o una riparazione nei tempi concordati può avere conseguenze molto pesanti. Alcune imprese si stanno strutturando da tempo per affrontare il problema, che è molto più sentito dalla PMI perché spesso non ha la possibilità né la convenienza ad attivare una rete di assistenza in loco. Gli imprenditori più attenti si stanno organizzando per offrire sempre maggiori servizi in teleassistenza e per costruire una rete di contatti sul posto ai quali subappaltare gli interventi. Nonostante ciò, in caso di Hard Brexit, o Brexit no deal, il problema dei dipendenti da inviare nel Regno Unito si presenterà per tutti: attualmente l’area di libera circolazione di persone e beni include il Regno Unito, questo significa che le persone si spostano e lavorano senza necessità di visto, passaporto, controlli alla frontiera, e possono portare con sé senza formalità gli attrezzi di lavoro, i ricambi, il campionario e qualsiasi altro bene, funzionale o meno al servizio da prestare. Le criticità interessano quindi sia lo spostamento delle persone che dei beni collegati alla trasferta. Il problema riguarda anche l’impresa italiana che fruisce di servizi prestati da lavoratori del Regno Unito, che si troveranno di fronte a problematiche analoghe e potrebbero non essere in grado di fornire servizi e beni con la consueta efficienza e tempestività. La checklist della Commissione Europea appena aggiornata, al punto 2 contempla proprio questi casi. https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/brexit-preparedness-communications-checklist_v3_en_0.pdf TRADECUBE, con il partner AEG Corporation http://www.aeg-corporation.co.uk/,vi può garantire un contatto diretto sul posto in grado di aiutarvi efficacemente ad affrontare ogni problema e criticità.

27-08-2019 La dichiarazione di origine preferenziale UE

Anche se non siamo esportatori, i nostri clienti ci possono richiedere la compilazione di una dichiarazione di origine preferenziale UE. La nostra dichiarazione, per la quale il firmatario è responsabile anche penalmente, verrà utilizzata dal nostro cliente per supportare la dichiarazione che renderà in dogana o per rilasciare analoga dichiarazione al suo cliente esportatore. E’ per questa ragione che tutte le imprese possono ricevere la richiesta di una dichiarazione d’origine preferenziale,  anche se non hanno mai esportato i loro prodotti. Una leva per l’esportatore Se i prodotti esportati sono accompagnati da una dichiarazione d’origine preferenziale, l’importatore pagherà un dazio calmierato oppure ne sarà del tutto esentato: è evidente come la documentazione che attesta l’origine non solo ha un’importanza fondamentale a livello amministrativo/fiscale, ma costituisce una formidabile leva commerciale per l’esportatore. Cosa fare in questo caso? Abbiamo detto che chi firma è responsabile penalmente, quindi il processo può essere sintetizzato in tre fasi: Individuare la nazione/le nazioni di destinazione capire se il prodotto è effettivamente originario dell’Unione Europea documentare accuratamente le condizioni che attribuiscono l’origine rilasciare la dichiarazione al cliente su modello pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale UE L’origine non è la provenienza e non è detto che un prodotto fabbricato interamente in Italia o in Europa abbia l’origine preferenziale UE: ogni nazione o accordo bilaterale ha una sua regola e le regole sono differenziate in funzione del prodotto. Vediamo l’esempio di un’analisi che abbiamo effettuato per un’azienda del settore tessile: individuare destinazione finale – nel caso in esame si trattava della Sud Corea  attribuire voce doganale – nel caso in esame 6201 (giacca a vento) individuare l’accordo bilaterale vigente verificare la regola in corrispondenza della voce doganale sull’accordo bilaterale; la regola in questione prevede varie possibilità alternative, ponendo delle condizioni legate all’incidenza del valore dei componenti utilizzati ed al luogo di svolgimento delle fasi del processo produttivo coordinare la regola con le note richiamate e le eccezioni elaborare una scheda costruttiva (distinta base) del capo che evidenzi sia i materiali utilizzati sia le lavorazioni effettuate sugli stessi tracciare l’origine dei singoli componenti (tessuto, bottoni, cerniere, imbottitura) ed il luogo nel quale sono state effettuate eventuali lavorazioni (coloratura, spalmatura, ricamo, finissaggio, ecc.ecc.) acquisire/verificare  le dichiarazioni di origine preferenziale dei fornitori, che devono essere redatte conformemente alla Gazzetta Ufficiale UE determinare, in base ai dati acquisiti ed ai parametri previsti dall’accordo, se il capo può effettivamente essere dichiarato di origine preferenziale UE E’ stato un po’ complesso, ma abbiamo ricostruito e documentato accuratamente l’origine preferenziale UE, quindi il cliente Coreano non pagherà NULLA di dazio. Se invece non fossimo stati in grado di documentare correttamente l’origine il cliente coreano avrebbe pagato il 13% di dazio, vale a dire che il suo costo sarebbe stato  maggiorato del 13% rispetto al nostro prezzo di vendita. E’ di tutta evidenza che la necessità di una dichiarazione di origine preferenziale deve essere chiarita e concordata PRIMA di mettere in produzione il capo…

08-07-2019 La malattia del lavoratore durante la trasferta all’estero

L’INPS ha pubblicato una guida per i lavoratori dipendenti in malattia che si trovano temporaneamente all’estero.  I lavoratori all’estero mantengono il diritto all’indennità di malattia erogata dall’INPS e dal datore di lavoro, ma debbono necessariamente svolgere tutti gli adempimenti richiesti dalla Legge, che consistono principalmente nell’ottenere un certificato dal medico o dall’entità locale abilitata a certificare gli stati di malattia e nella sua trasmissione all’INPS ed al datore di lavoro. Il certificato deve essere redatto in base alla normativa del paese ospitante, ma deve contenere tutti i dati richiesti dalla normativa italiana: intestazione dati anagrafici del lavoratore prognosi diagnosi di incapacità al lavoro indirizzo di reperibilità data di redazione timbro e firma   Il lavoratore sarà obbligato anche all’estero a rispettare le fasce di reperibilità previste dalla normativa italiana.   Paesi diversi, regole diverse Le regole da seguire variano in funzione del luogo ove si trova il lavoratore: paese UE / SEE /Svizzera  paesi convenzionati paesi non convenzionati I dettagli sono al link: https://www.inps.it/docallegatiNP/Mig/AllegatiNews/Guida_sulla_certificazione_malattia_estero.pdf L’INPS può avviare con gli istituti previdenziali degli altri paesi europei approfondimenti legati alla tutela della malattia, riconoscendo la validità delle certificazioni locali. Ad esempio per la certificazione della malattia intervenuta in Polonia l’unico modulo valido è il cosiddetto “ZUS-ZLA”, da trasmettere entro 2 gg all’INPS di competenza.

05-07-2019 Sicurezza dei lavoratori in trasferta nella UE

Datori di lavoro e lavoratori italiani conoscono bene il D.Lgs. 81/2008. Si tratta del testo Unico in materia  di  tutela  della  salute  e  della  sicurezza nei luoghi di lavoro. Le norme in esso raccolte recepiscono i contenuti di varie direttive emanate nel tempo dall’Unione Europea, che dettano i principi comuni da osservare nelle nazioni aderenti. Vorrei che ci fermassimo a riflettere per comprendere quanto è ampio il campo di applicazione di questo testo normativo, che non si limita a dettare le regole finalizzate ad evitare incidenti, infortuni e malattie connesse all’attività lavorativa, ma definisce la “salute:  stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità”. Il Testo Unico vigente in Belgio definisce il complesso di norme come “Code du bien-être au travail”, termine che ancor di più sottolinea come la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro siano da intendersi nel  loro senso più completo. Quanto sopra per evidenziare come, in ambito europeo ma non solo, sia data grande rilevanza al tema che  stiamo trattando e che l’invio di lavoratori oltre i nostri confini non può prescindere da un’attenta valutazione degli obblighi in materia.   Quali e quante tutele? I lavoratori devono godere di tutte le tutele garantite dalla Legge italiana, ma anche di quelle stabilite nello stato di invio, ove siano maggiormente restrittive e tutelanti. Sebbene le nazioni europee abbiano basato i codici in vigore sulle direttive dell’Unione, possono esistere significative differenze operative tra uno stato e l’altro. Ad esempio la Spagna, per l’effettuazione di taluni lavori ritenuti particolarmente pericolosi (connessi alla cantieristica ma non solo), richiede l’iscrizione al registro REA, che si ottiene solo presentando tutta la documentazione attestante il rispetto delle regole riguardanti la salute e sicurezza. E’ facile scoprire che le ore di formazione svolte in Italia non sono sufficienti ad assolvere gli obblighi locali o che parte della documentazione deve essere opportunamente implementata. In molte nazioni europee gli obblighi in materia di sicurezza richiedono la registrazione dei lavoratori presso l’ente competente, per ottenere il rilascio di apposito cartellino identificativo che dovranno indossare per poter essere ammessi ai luoghi di lavoro. Possiamo quindi sostenere che chi non è in regola con il D.lgs. 81/2008 in Italia certamente non è in regola nemmeno oltre i nostri confini, ma non è necessariamente vero il contrario: anche chi è perfettamente in regola si deve preventivamente documentare per poter porre in essere tutto quanto eventualmente previsto dalla nazione o dalla struttura ospitante.  LIA BERGAMO vi potrà offrire un check-up completo per verificare il corretto adempimento a quanto previsto dal D.Lgs. 81/2008 e darvi un’ottima base di partenza per adeguare quanto necessario alla trasferte oltreconfine.  

04-07-2019 La retribuzione minima per i lavoratori in trasferta UE/Svizzera

L’impresa che invia i lavoratori in trasferta nell’Unione Europea è obbligata a garantire al lavoratore un trattamento economico non inferiore a quello minimo previsto nella nazione di destinazione. L’obiettivo è quello di evitare il cosiddetto “dumping sociale”, l’immissione in un mercato di forza lavoro con costi notevolmente inferiori rispetto a quella nazionale. Di conseguenza l’elaborazione  del cedolino degli interessati non può prescindere dalla corretta individuazione della retribuzione per il periodo in cui si è svolta la trasferta. Se non ha effettuato uno studio di fattibilità prima di inviare il lavoratore in trasferta e in fase di acquisizione della commessa, il datore di lavoro può incontrare notevoli difficoltà: il preventivo lavori non teneva conto dei livelli retributivi più elevati di quelli nazionali, quindi si trova a sostenere maggiori costi e a non realizzare i margini attesi non sa come e dove reperire i dati necessari alla corretta determinazione della retribuzione supplementare da riconoscere    Alcuni stati, in modo particolare (ma non solo) quelli conosciuti come “neocomunitari”, quali ad esempio Romania,  Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, ecc., pongono minori problematiche.I trattamenti retributivi infatti sono in genere più bassi di quelli vigenti in Italia. Altre nazioni, come la Svizzera e le nazioni nordeuropee in generale, applicano retribuzioni molto elevate rispetto ai nostri standard. Le retribuzioni francesi e tedesche generalmente non sono un problema se i nostri dipendenti sono tecnici specializzati con retribuzioni che superano i minimi sindacali. Possono però diventarlo se in Italia il dipendente percepisce solo la paga base contrattuale.  

21-06-2019 Lavoratori stranieri in Italia – Nomina dei referenti

Abbiamo visto in uno dei precedenti articoli che anche l’Italia ha recepito, in modo piuttosto rigido, le direttive UE sul distacco transnazionale.  Ci vogliamo soffermare su due obblighi critici, che in caso di inadempimento sono soggetti a sanzione da € 3.600 ad € 7.200: la nomina di un referente che si interfacci con gli enti ispettivi italiani nei due anni successivi al distacco ed un rappresentante sindacale per il periodo del distacco. È evidente come l’autorità ispettiva italiana, in caso di verifica, non abbia i mezzi né la volontà (come peraltro non li hanno i corrispondenti enti esteri) di interfacciarsi con persone che non parlano l’italiano o comunque almeno l’inglese; è richiesta quindi la presenza di un referente che sia in grado di prestare assistenza durante le verifiche e che conservi la documentazione dei lavoratori distaccati, tradotta in italiano, per due anni.  Il legislatore italiano si preoccupa molto dei diritti sindacali dei lavoratori, perché impone anche la nomina di un referente con poteri di rappresentanza per trattare con le parti sociali, per tutta la durata del distacco.   I rischi per il committente Per l’impresa distaccante estera non è sempre agevole reperire queste figure di riferimento, così come non lo è per l’italiano che distacca i lavoratori nella UE. Consideriamo anche che, se il referente non è nominato, la sede dell’impresa distaccante si considera il luogo dove ha sede legale o risiede il destinatario della prestazione di servizi. Vale a dire che eventuali verifiche successive si svolgeranno presso la sede dell’impresa italiana committente. Per questa ragione TradeCube® ha creato il servizio di accompagnamento in Italia per le aziende che intendono distaccarvi i lavoratori, fornendo, tramite LIA Bergamo, la figura del referente che svolge anche le funzioni di rappresentante sindacale e saprà verificare se i trattamenti retributivi dei lavoratori distaccati in Italia sono conformi ai CCNL ed alla Legge Italiana. TradeCube® è anche in grado di svolgere tutte le attività e verifiche necessarie al distacco, compresa la presentazione della comunicazione telematica preventiva.

17-06-2019 Trovare clienti e vendere all’estero: internet aiuta ma…

Tante delle domande che i clienti italiani ci pongono quando affrontano il processo di internazionalizzazione riguardano la ricerca dei clienti, e l’utilizzo di internet a questo scopo.   Vendere all’estero, ma come? Molto spesso, il desiderio di approcciare clienti esteri da parte di PMI che hanno sempre venduto solo in Italia è mosso dall’idea che le aziende estere paghino sempre puntuali, fatto che non è sempre vero, come abbiamo già raccontato in passato. Altrettanto spesso, indagando e analizzando poi la struttura aziendale e lo storico commerciale delle PMI, noto che non sempre esiste un ufficio commerciale strutturato. Spesso, non c’è nemmeno una persona che si dedica al lavoro del commerciale. Si va avanti tramite il passaparola o con conoscenze dell’imprenditore  Tale metodo è però limitativo sulla lunga distanza e non c’è una vera soluzione che riesca a risolvere tutti i problemi.  Occorre avere perseveranza e costanzanella cura dei potenziali clienti che si desiderano acquisire. Pazienza e strategia.   Come approcciare il cliente? Iniziare a cercare su internet tutte le informazioni sui potenziali clienti è un buon primo passo. Ci sono molte banche dati e portali con elenchi di aziende e informazioni sui loro servizi o prodotti, e con l’aiuto di Google è anche possibile trovare realtà simili, concorrenti tra loro: non sarà difficile racimolare dei contatti.   E ora cosa faccio?  Inizia il difficile: si prende il telefono e si chiama per cercare di trovare il giusto interlocutore, saltando l’ostacolo della… centralinista. Un commerciale esperto saprà ottimizzare al meglio questa fase, per ridurre i passaggi. Inoltre avrà già esperienza di come sono strutturate le aziende straniere, sia esso il project manager o l’ufficio acquisti. Ma per le grandi multinazionali ed i gruppi, le cose si complicano, perché bisogno rispettare un iter per presentare la propria ditta e compilare moduli con performance e informazioni del prodotto e dell’azienda.   Oppure, prima di poter preparare una prima offerta, chiedono di firmare accordi di segretezza, perché si viene a conoscenza di disegni o informazioni che non devono assolutamente essere divulgati a terzi. In questi casi, l’acquisizione di un nuovo cliente può durare più tempo rispetto il previsto, in particolare se manca l’esperienza e la struttura necessarie.   Temporary Export Manager Una soluzione è quella di scegliere, per affrontare le prime esperienze di questo tipo e affiancare l’impresa, è quella di affidarsi ad un Temporary Export Manager, figura di cui abbiamo parlato su TradeCube e che offriamo a condizioni particolarmente favorevoli.

14-06-2019 Rimborso dell’IVA pagata nella UE

Molti operatori nazionali ricevono fatture da operatori UE con l’addebito dell’IVA vigente sul luogo, per le più svariate ragioni. Potrebbe essere il caso, a puro titolo esemplificativo, di: Acquisti di beni territorialmente rilevanti nello Stato estero Acquisti di beni che non sono usciti dal territorio dello Stato (es. particolari ipotesi di operazioni triangolari, oppure beni acquistati per la prestazione di un servizio in loco); Acquisti di beni che si considerano “consumati” nello Stato estero (ad es. carburanti).   Acquisti di servizi territorialmente rilevanti nello Stato estero (diversi da quelli generici) Servizi sui beni immobili per immobili che si trovano nello Stato estero; Servizi di ristorazione e catering usufruiti nello Stato estero; Servizi per l’accesso a una manifestazione culturale, a una fiera, un convegno, ecc… Noleggi a breve termine di mezzi di trasporto; Servizi di trasporto di persone avvenuto nello Stato estero.   A volte l’IVA pagata viene portata direttamente a costo ed in un anno solare può raggiungere cifre di tutto rispetto, specialmente per chi si reca spesso nella UE per svolgere attività commerciale o tecnica.   Si può chiedere il rimborso se… Non tutti sanno che è possibile chiedere il rimborso dell’IVA all’amministrazione finanziaria della nazione interessata, attraverso il canale telematico dell’Agenzia delle Entrate (fiscoonline o entratel), in proprio o tramite un intermediario. Il rimborso segue le regole della detraibilità IVA vigenti nell’altro stato UE, quindi ci potrebbero essere (ma non è una regola) delle limitazioni, in particolare sulle spese relative ai veicoli, sui carburanti e sulle spese di vitto ed alloggio, analogamente a quanto previsto in Italia.  E’ inoltre molto importante documentare l’inerenza delle spese all’attività d’impresa: le spese sostenute devono essere coerenti con l’attività svolta dall’operatore italiano e, in particolare per le spese di vitto e alloggio, devono essere poste in essere le formalità previste per l’invio dei lavoratori in trasferta nella UE, di cui abbiamo già parlato: https://www.sportellolia.it/news/33 . Il termine per chiedere a rimborso l’IVA pagata nella UE nel 2018 scade il 30/09/2019. C’è ancora tempo ma meglio prepararsi e non aspettare gli ultimi giorni! Naturalmente TradeCube offre questo servizio sia per quanto riguarda la presentazione della domanda di rimborso telematica che la relativa consulenza.

02-05-2019 Differenza tra distacco e trasferta dei lavoratori

Dobbiamo inviare uno o più lavoratori oltreconfine a svolgere delle prestazioni per un nostro cliente. Che si tratti di manutenzioni, installazione di impianti, posa di vetrate o addobbi floreali poco importa. Abbiamo sentito dire che esistono obblighi molto precisi e pesantemente sanzionati a carico delle imprese che distaccano  i propri dipendenti fuori dall’Italia, in particolare nell’Unione Europea. Ci siamo documentati: su TradeCube abbiamo trovato varie informazioni utili, scoprendo che il distacco transnazionale impone vari adempimenti amministrativi che debbono essere svolti in anticipo rispetto alla partenza, oltre al rispetto delle norme vigenti nello stato di destinazione, in particolare per quanto riguarda la retribuzione da riconoscere ai lavoratori. Siamo sicuri di dover veramente sottostare a questi obblighi? Approfondiamo ulteriormente: esistono ben tre direttive UE (di cui una in attesa di recepimento) e vari siti internet istituzionali, come quello del MISE che individuano chiaramente le procedure da seguire, perché la normativa vale anche per i lavoratori alle dipendenze di imprese straniere che prestano la propria opera in Italia. In realtà non ci riconosciamo in quello che leggiamo, perchè noi non stiamo distaccando i lavoratori, ma li stiamo solo inviando in trasferta per qualche giorno! Il doppio concetto di distacco/trasferta esiste solo per il diritto italiano… Le imprese, l’amministrazione finanziaria italiana ed i CCNL italiani più rappresentativi qualificano da sempre l’invio temporaneo di lavoratori all’estero, per svolgere uno specifico servizio, come “trasferta”,ovveromutamento temporaneo del luogo della prestazione lavorativa con previsione certa di rientro nella sede di lavoro originaria. I CCNL possono prevedere uno o più di questi obblighi: Ilrimborso integrale delle spese di viaggio, vitto e alloggio Un’indennità forfettaria di trasferta (che potrà essere totalmente o parzialmente esente da imposte e contributi) Unamaggiorazione della paga oraria o un bonus giornaliero In Italia esiste una sola normativa che riguarda il “distacco”, ed è quella prevista Legge Biagi (D.Lgs. 276/03), che non ha nulla a che vedere con il tema che trattiamo. Il distacco, ai sensi dell’art. 30 della Legge Biagi, consiste in un provvedimento organizzativo con il quale il datore di lavoro pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa. A livello internazionale, distacco e trasferta sono la stessa cosa, con gli stessi obblighi… Possiamo quindi concludere che il “distacco”, come previsto dalla Legge Biagi, è una normativa tipicamente e unicamente italiana, applicabile in Italia, e non ha nulla a che vedere con il “distacco transnazionale” che è sinonimo di “trasferta”. Di conseguenza, se dobbiamo inviare un lavoratore oltre confine anche per un solo giorno, dobbiamo prevedere delle operazioni di Due Diligence per assicurarci di adempiere correttamente sia agli obblighi amministrativi/burocratici che a quelli relativi al trattamento economico ed alla tutela del lavoratore.

24-04-2019 Esportazione, quando l’ignoranza di uno è un rischio per tutti

Siamo esportatori, quindi l’ufficio acquisti non è affatto interessato agli aspetti doganali e fiscali ed è meglio che si concentri sul suo lavoro E’ una delle risposte che spesso otteniamo dalle aziende quando invitiamo a partecipare alla formazione non solo gli impiegati amministrativi e commerciali, ma i referenti di tutte le aree aziendali. Il motivo che ci spinge è che, se alcune aree aziendali sono estranee ad un processo così pervasivo come l’esportazione, si rischia di andare incontro a rischi. Tutti devono ricordare che spesso le caratteristiche migliori non sono solo quelle fisiche, chimiche, elettriche, estetiche e quant’altro, ma l’origine e l’esportabilità. E’ vero che ogni area ha le sue specifiche specializzazioni e competenze, sulle quali si deve concentrare, formare ed aggiornare. Ci sono però degli aspetti trasversali fondamentali che: Devono fare da collante e lubrificante tra i flussi di informazioni dei vari settori Devono far sì che i processi aziendali siano fluidi e non gestiti a “compartimenti stagni” In realtà ciò che viene esportato deve essere necessariamente prodotto e/o acquistato; ogni prodotto acquistato per essere rivenduto o utilizzato nel processo produttivo deve avere  determinate caratteristiche merceologiche ed un buon rapporto qualità prezzo, ma porta con sé una “dote” intangibile che spesso passa inosservata finchè non interviene un’ispezione delle autorità competenti. L’ispezione può avvenire in azienda ma anche in dogana e quindi comportare, oltre alle possibili sanzioni anche penali, il blocco della merce per un tempo indeterminato o addirittura la sua confisca. E’ per questa ragione che l’ufficio acquisti deve essere formato sulle tematiche che riguardano gli aspetti legati all’export control, all’IVA, alle dogane, ecc.  Spesso le caratteristiche migliori non sono solo quelle materiali, ma quelle immateriali come origine ed esportabilità. Insomma, il prodotto perfetto a un prezzo competitivo, acquistato da un fornitore che ci concede una dilazione di pagamento estrema, con i termini di consegna ideali… ecco, è possibile che quel prodotto in Egitto, o in Iran, o negli Stati Uniti, o in Cile o ovunque lo voglia il vostro cliente, non ce lo possiate mandare proprio per niente…

17-04-2019 L’Agenzia delle Entrate lancia “Info Brexit”

Si chiama “Info Brexit” e fornisce risposte ai quesiti dei cittadini, residenti e non residenti, sui risvolti fiscali derivanti dall’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Il punto di assistenza dedicato, costituito nell’ambito del settore Internazionale della divisione Contribuenti, è stato istituito con provvedimento del 10 aprile 2019.Con lo stesso provvedimento, inoltre, è stata disposta la creazione di una casella di posta elettronica ad hoc infobrexit@agenziaentrate.it, attraverso la quale gli interessati potranno inoltrare le proprie domande al nuovo punto di assistenza. Domande, si legge nel documento, che non saranno trattate come interpelli e che, quindi, non seguiranno lo stesso iter di questi ultimi. Il tutto nasce, come noto, in seguito al referendum del 23 giugno 2016, il cui risultato ha fatto sì che dal 29 marzo 2017 il governo del Regno Unito attivasse il meccanismo di ritiro previsto dall’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea. Un’uscita difficile, che ha portato la Commissione Ue a diramare un alert nei confronti di tutti gli stakeholder, per arrivare preparati alle possibili conseguenze della Brexit, anche nel caso di no deal, ossia di ritiro senza alcun accordo di recesso. “Info Brexit” scioglierà i dubbi sull’applicazione di norme e regolamenti in materia di imposte dirette e indirette di competenza dell’Agenzia delle entrate. Articolo apparso su FiscoOggi.it, magazine dell’Agenzia delle Entrate

11-04-2019 Lavoratori stranieri in Italia, aumentano le sanzioni

Ci siamo occupati in passato di vari temi che riguardano il distacco dei lavoratori italiani oltreconfine, in particolare con alcuni dei nostri precedenti articoli: Libera circolazione non significa Far West La malattia dei lavoratori all’estero Sicurezza dei lavoratori in trasferta nella UE Retribuzione minima dei lavoratori in trasferta nella UE Ma non tutti sanno che anche l’Italia ha recepito a sua volta le direttive UE e, dobbiamo dire, in modo piuttosto rigido. Il tema è sempre lo stesso: impedire che vengano distaccati in Italia lavoratori stranieri provenienti da nazioni con standard sociali meno elevati perchè vengano sfruttati allo scopo di attuare politiche di concorrenza sleale. Difesa dei lavoratori italiani dalla concorrenza sleale I lavoratori provenienti da uno stato UE o extracomunitario, anche per una breve trasferta, devono beneficiare delle medesime condizioni di lavoro previste per i lavoratori italiani: il datore di lavoro estero o comunitario deve quindi rispettare tra l’altro i nostri minimi retributivi, i compensi per il lavoro straordinario, la durata minima delle ferie, la normativa sull’orario di lavoro e quella sulla sicurezza, con rare eccezioni. In aggiunta a questo i lavoratori alle dipendenze di un datore di lavoro non residente che vengono a prestare la propria opera in Italia devono essere oggetto di notifica preventiva al Ministero del Lavoro. Il fatto che il modello si chiami “UNI_distacco_UE” non deve trarre in inganno: è obbligatorio presentarlo per tutti i lavoratori, anche se provenienti da una nazione extraUE. Questa normativa riguarda tutte le imprese italiane, comprese quelle che non hanno l’obiettivo di mettere in atto comportamenti sleali. L’obbligo può riguardare, ad esempio, un’industria che acquista dei macchinari da un fornitore non residente, il quale invia in Italia i propri tecnici e/o montatori ad effettuarne l’installazione o la manutenzione; in questo caso il committente italiano è responsabile in solido con l’impresa non residente per il trattamento dei lavoratori ed è quindi indispensabile accertarsi che questa sia adempiente. L’unica eccezione riguarda il trattamento retributivo e le ferie (ma non gli altri adempimenti) per i lavoratori qualificati o specializzati non appartenenti al settore edile che vengono in Italia, per un periodo massimo di otto giorni, allo scopo di installare ed assemblare un bene. Quali sono le sanzioni? La Legge 145/2018 (Legge di Bilancio 2019) ha previsto un incremento a regime del 20% delle sanzioni in materia di lavoro, tra le quali proprio quelle relative al distacco transnazionale dei lavoratori: questo incremento segue il recente raddoppio delle sanzioni previsto dalla normativa francese ed impone la massima attenzione. La normativa italiana prevede tre differenti sanzioni, applicabili autonomamente, che dopo l’aumento vanno dai 600,00 € di sanzione massima per ogni lavoratore non notificato ai 7.200,00 € di sanzione massima per la mancata nomina dei referenti/rappresentanti in Italia. Segnaliamo anche che le sanzioni sono raddoppiate in caso di analoghe infrazioni sanzionate nell’ultimo triennio.

05-04-2019 Esterometro: le modalità

Lo spesometro transfrontaliero, meglio conosciuto come “esterometro”, è la nuovacomunicazione da inviare all’Agenzia delle Entrate, contenente i dati relativi alle operazioni (sia attive che passive) intercorse tra soggetti passivi stabiliti nel territorio italiano e soggetti esteri, siano essi U.E. o extra U.E., a fronte dell’entrata in vigore dell’obbligo della fatturazione elettronicadal 01.01.2019. L’obbligo è stato introdotto con lo scopo di mettere a disposizione dell’Agenzia delle Entrate leinformazioni relative alle operazioni attive e passive effettuate con l’estero. La comunicazionedeve essere trasmessa nel caso in cui le operazioni non siano documentate con fattureelettroniche ovvero con bollette doganali, in quanto l’utilizzo di quest’ultimi canali permette all’Agenzia delle Entrate di avere a disposizione i dati di tali operazioni attraverso il Sdi. Le modalità: L’obbligo di invio dell’esterometro riguarda tutti i soggetti passivi d’imposta stabiliti nel territorio dello Stato per le operazioni rese o ricevute da soggetti non stabiliti in Italia. La trasmissione avrà cadenza mensile e dovrà essere effettuata entro l’ultimo giorno del mese successivo: alla data di emissione, per le fatture emesse (attive); alla data di ricezione, per le fatture ricevute (passive). In caso di omessa o errata trasmissione dei dati relativi alle operazioni transfrontaliere, è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa nella misura di € 2 per ogni fattura (con un limitemassimo di € 1.000 per trimestre). È prevista una riduzione, pari alla metà della sanzione, applicabile anche al limite massimo per trimestre, se la regolarizzazione della violazione viene effettuata entro 15 gg. dalla scadenza del termine della trasmissione (€ 1 per ogni fattura, con un limite massimo di € 500). Gli elenchi intrastat, riferiti alle cessioni e agli acquisti intracomunitari di beni e servizi, dovranno continuare ad essere trasmessi anche successivamente al 1.01.2019. L’obbligo di trasmissionedegli elenchi Intrastat non è stato eliminato, in quanto il sistema di fatturazione elettronica rimane comunque carente dei dati statistici ISTAT forniti attraverso gli elenchi intrastat. I dati riferiti alle operazioni attive effettuate nei confronti di controparti non residenti possonoessere esclusi dall’esterometro se si sceglie di trasmettere la fattura estera al Sistema di Interscambio. In altri termini, il cedente/prestatore continua ad emettere la fattura in formato cartaceo nei confronti del proprio cliente estero ma assolve l’obbligo comunicativo trasmettendo al SdI una copia della fattura estera in formato elettronico – formato xml.

28-03-2019 Distacco transnazionale trasferte: l’orario di lavoro

Abbiamo già visto nel precedente articolo sul tema come, in occasione di trasferte all’estero, si presenti spesso la necessità di una prestazione lavorativa molto intensa, che potrebbe confliggere con le normative vigenti dello stato estero o internazionali. Ciò che le aziende non sanno è che anche chi rispetta scrupolosamente la normativa sull’orario di lavoro vigente in Italia, potrebbe non essere in regola altrove e quindi commettere infrazioni involontarie: da qui la necessità di un’attenta programmazione della trasferta, che tenga conto delle regole vigenti nello stato di destinazione. Esaminando le normative dei paesi UE e della Svizzera troviamo differenze come: il riposo giornaliero, individuato dalla direttiva UE e dalla normativa italiana in almeno 11 ore consecutive, in alcune nazioni è di 12 ore;  il lavoro domenicale, che in Italia è consentito in moltissime situazioni, in alcune nazioni è tassativamente vietato salvo poche eccezioni o soggetto ad autorizzazione preventiva;  il riposo settimanale in Italia può essere fruito in un arco di 14 giorni, mentre in altre nazioni deve essere di fatto fruito settimanalmente; le cause di forza maggiore che in Italia giustificano il ricorso al lavoro straordinario potrebbero non essere le medesime vigenti oltreconfine. Applicando con attenzione le regole vigenti in Italia è possibile ad esempio effettuare una trasferta di 9 giorni lavorativi consecutivi compreso il fine settimana, prevedendo adeguati riposi compensativi e le maggiorazioni previste dai CCNL, contenendo nel contempo il numero di giornate che il lavoratore deve passare oltreconfine. Questa configurazione potrebbe non essere conforme alle normative del paese di destinazione e comportare di conseguenza l’applicazione di sanzioni. Come già si sottolineava nel precedente articolo i verificatori esteri potranno facilmente rilevare l’irregolarità commessa per due ragioni: nella maggior parte dei casi deve essere tenuto un registro delle presenze aggiornato in tempo reale; in altrettanti casi l’effettuazione di una trasferta all’estero richiede la presentazione di una notifica all’ente competente, che quindi saprà precisamente chi, dove, quando e per quanto tempo lavorerà sul suo territorio. Ciò rende molto facile agli enti preposti individuare eventuali situazioni di rischio e predisporre le verifiche che ritengono opportune.

26-03-2019 La Triangolazione Anomala comporta il pagamento IVA

Spesso l’esportatore si trova di fronte ad operazioni di triangolazione, vale a dire vendite che prevedono la consegna dei beni ad un soggetto diverso dal cliente con il quale intrattiene il rapporto economico. A volte l’operazione nasce come triangolare, in quanto già in fase di ordine è prevista la consegna ad un soggetto diverso, altre volte il cambio del destinatario avviene in corso d’opera in tempistiche a volte incompatibili con la corretta configurazione dell’operazione. Molti esportatori hanno come clienti grandi gruppi internazionali, con un forte potere contrattuale, che a volte decidono solo in prossimità della consegna chi sono i soggetti coinvolti. Se la triangolazione coinvolge almeno un soggetto non italiano dobbiamo prestare molta attenzione; se i soggetti non residenti sono due dobbiamo individuare la cosiddetta “triangolazione anomala”.  Anche se il nostro cliente è un soggetto estero la triangolazione potrebbe essere assoggettata ad IVA. L’esportatore, o colui che effettua cessioni intracomunitarie, si aspetta di non dovere mai addebitare l’IVA italiana al suo cliente non residente, che difficilmente sarebbe disposto a pagarla, in modo particolare se questo non è stato preliminarmente concordato.  E’ necessario saper individuare al volo le situazioni anomale Ipotizziamo ad esempio  che il nostro cliente USA, per il quale stiamo ultimando una commessa, ci chieda di spedire il carico direttamente in Spagna. Apparentemente non ci sono problemi, ma se approfondiamo la questione ci rendiamo conto che dovremo emettere fattura al nostro cliente USA addebitando l’IVA al 22%. Per quale ragione ci troviamo ad addebitare l’IVA ad un soggetto estero? Perché l’italiano non diventi debitore di IVA nei confronti dell’amministrazione finanziaria, è necessario che ponga in essere una di queste due operazioni: esportazione art. 8) DPR 633/72: perché si realizzi i beni devono lasciare il territorio della UE ed è necessario acquisirne prova documentale (MRN di uscita conclusa). cessione intracomunitaria art. 41 DL 331/93: perché esista sono necessarie tre condizioni: gli operatori economici devono essere identificati in due diverse nazioni della UE i beni devono fisicamente transitare tra due diverse nazioni UE deve avvenire il passaggio di proprietà dei beni a titolo oneroso In questo caso i beni transitano tra due diversi stati UE (Italia e Spagna), quindi non è un’esportazione, avviene il passaggio di proprietà dei beni a titolo oneroso (il cliente USA ci paga), ma gli operatori economici non sono identificati in due diverse nazioni UE, perché noi siamo italiani ed il cliente è statunitense. L’operazione non è né un’esportazione né una cessione intracomunitariae di conseguenza è soggetta ad IVA. Che fare in questi casi? Molto spesso il problema si risolve da solo perché il cliente extracomunitario, soprattutto se fa parte di un gruppo internazionale e/o è un’azienda che spesso commercia con l’Unione Europea, è identificato ai fini IVA in uno stato appartenente alla UE. Di conseguenza l’operazione si riduce ad una triangolazione con l’intervento di due soggetti comunitari: è necessario chiedere la partita IVA UE al nostro cliente estero. È evidente l’importanza di configurare l’operazione correttamente a monte. Quindi già in fase di offerta è indispensabile chiedere: Chi acquista i beni? Chi paga? Dove devono essere consegnati? È anche raccomandabile prevedere delle clausole di salvaguardianel contratto o nella documentazione commerciale, atte ad ottenere il rimborso dell’IVA da parte del soggetto extracomunitario qualora i requisiti per la non imponibilità non si realizzino Conoscere bene l’attività del cliente aiuta a prevenire questo tipo di situazioni e ad individuare le possibili criticità. Che cosa fa il cliente con i nostri prodotti? Li rivende? Li utilizza per la sua produzione? Ha sedi in varie nazioni? 

20-03-2019 Corso Fatturazione Elettronica/Esterometro, smontiamo le paure!

Si arricchisce con un corso su fatturazione elettronica ed esterometro l’offerta formativa di TradeCube. Dopo il successo del primo corso sull’internazionalizzazione, abbiamo deciso di affrontare, insieme, due temi “caldi” come la fatturazione elettronica e l’esterometro, per “disinnescare” le paure relative a queste novità. Siamo convinti che, con la corretta informazione e le basi normative necessarie, sia possibile affrontare ed implementare queste tematiche in maniera non traumatica!   Fatturazione Elettronica ed Esterometro, il corso Si tratta di tematiche nuove, che suscitano tanti dubbi negli addetti ai lavori. Molti di questi dubbi e di queste difficoltà sono però dovuti al fatto che gli addetti ai lavori spesso non conoscono perfettamente la normativa di base o non sono rimasti aggiornati. Molti operatori non si rendono conto che sono cambiati gli strumenti ma gli obblighi sono rimasti sostanzialmente invariati, solo che, per esigenze informatiche, si trovano a compilare vari campi o affrontare varie questioni che parlano di “stabile organizzazione”, “non residenti o non stabiliti”, “data di esigibilità” e hanno difficoltà a comprenderne appieno le implicazioni ed i significati. Ad esempio, fino all’anno scorso era prassi (non corretta ma molto diffusa) definire le operazioni effettuate senza l’addebito dell’IVA come “esenti”, indipendentemente dalla tipologia delle stesse.Ora la fatturazione elettronica ci obbliga a distinguere le operazioni esenti, da quelle escluse a quelle non imponibili e questo crea una grande confusione se manca la conoscenza della normativa di base. Questi argomenti possono essere sviluppati in un percorso formativo della durata dalle 4 alle 16 ore. Modulo 1 – Corso di 4 ore con cenni molto veloci su tutti gli argomenti Percorsi di durata superiore: approfondimento di più temi tra quelli elencati. L’evento formativo potrà essere seguito da mezza giornata (o più se necessario) di affiancamento in azienda per l’applicazione pratica di quanto illustrato al seminario.   Argomenti trattati Chi sono i soggetti passivi IVA e quali sono i requisiti di base per l’applicazione dell’IVA Come identificare l’azienda. Codice Ateco e sua rilevanza nei vari ambiti Come identificare il cliente: residente, non residente, identificato, stabile organizzazione, consumatore finale, ecc. Importanza della codifica e della compilazione dell’anagrafica Differenza tra cessione di beni e prestazione di servizi Esigibilità IVA e data di esigibilità Differenze tra operazione esclusa, esente, non imponibile, non soggetta, ecc. Il bollo su fattura Termini di fatturazione in caso di operazione Italia, estero e UE La nota di credito Differenza tra fatturato, ricavi e volume d’affari Momento di rilevanza delle operazioni ai fini contabili e di bilancio Differenze tra momento di esigibilità IVA e rilevanza economica Trattamento contabile e fiscale dei beni in viaggio  

18-03-2019 Lavoro in trasferta all’estero, le problematiche “temporali”

In caso di trasferta all’estero in molti casi il datore di lavoro ed i lavoratori hanno un desiderio comune: che termini nel più breve tempo possibile. Per l’impresa inviare i lavoratori all’estero significa, ad esempio: non averli a disposizione per necessità che si dovessero verificare in sede;  sostenere spese di viaggio e di vitto/alloggio, anche per i giorni di riposo, che a volte non vengono riconosciute dal cliente;  organizzare e monitorare la permanenza all’estero in modo adeguato gestendo eventuali imprevisti; sostenere costi aggiuntivi se il trattamento economico dei lavoratori deve essere parametrato  a quello vigente in loco o comunque per garantire loro le condizioni di sicurezza Per il lavoratore la trasferta significa talvolta essere in un luogo dove: non si trova a proprio agio per mille ragioni (dal clima, all’alimentazione, alla diversa cultura e lingua); non ha alcuna possibilità di svago dopo il lavoro; gli standard qualitativi dell’accoglienza lasciano molto a desiderare; si trova comunque lontano dalla sua famiglia e dai suoi interessi. Rispettare le norme italiane non basta Ad esempio, accade anche che, nell’esecuzione dei servizi in trasferta si verifichino problemi operativi, interruzioni ed inconvenienti che fanno perdere ore di lavoro. L’aereo per il ritorno è però già prenotato… ed un prolungamento della trasferta avrebbe costi sproporzionati. Qual è la conseguenza di tutto questo? A volte il mancato rispetto della normativa in materia di orario di lavoro, in particolare di quella riguardante gli straordinari ed i riposi giornalieri e settimanali. Ciò che le aziende non sanno è che anche chi rispetta scrupolosamente la normativa sull’orario di lavoro vigente in Italia, potrebbe non essere in regola altrove e quindi commettere infrazioni involontarie. Da qui la necessità di un’attenta programmazione della trasferta, che tenga conto delle regole vigenti nello stato di destinazione. Mentre in Italia la rilevazione delle presenze può essere effettuata con modalità libere e comunque informali (il calendario viene ufficializzato  solo con la stampa del libro unico del lavoro, quindi a posteriori), generalmente all’estero è obbligatoria la tenuta di un registro da aggiornare in tempo reale in modo molto dettagliato, con l’ora di inizio e fine di ogni prestazione. E’ quindi facile per le autorità ispettive rilevare e sanzionare le infrazioni.

15-02-2019 Gli obblighi CONAI per l’importatore

Il CONAI (COnsorzio NAzionale Imballaggi) interviene a sostegno delle attività di raccolta differenziata e di riciclo dei rifiuti derivanti dagli imballaggi: i “produttori” e gli “utilizzatori” di imballaggi sono obbligati per Legge ad aderire al consorzio, sottoscrivendo una quota di partecipazione calcolata in base ai ricavi complessivi dell’esercizio precedente l’adesione.  L’adesione è obbligatoria per una vasta platea di soggetti, in particolare per chi: produce o importa imballaggi o materie prime/semilavorati per la produzione di imballaggi commercializza (anche in import export) imballaggi vuoti acquista e rivende merci imballate produce e vende merci imballate, con imballi che autoproduce o acquista da terzi L’adesione non comporta necessariamente il versamento del contributo. Solo alcuni di questi soggetti devono dichiarare e assolvere il contributo CONAI alle scadenze previste dal regolamento. Si tratta, in linea generale, di tutti i produttori e coloro che immettono gli imballaggi sul mercato, mercato in cui dovranno essere smaltiti/riciclati al termine della loro vita utile. Le imprese che operano nella filiera dell’imballaggio sono in genere ben a conoscenza di questi obblighi, che sono strettamente connessi alla natura della loro attività, e li rispettano da  quando il CONAI è stato istituito. Molti importatori però non sanno di avere anch’essi degli obblighi ben precisi in materia di imballaggi. Non ci riferiamo agli chi effettua importazioni di imballi o di materiali per la loro produzione, ma di imprese che introducono in Italia qualsiasi tipo di prodotto imballato proveniente dalla UE o dai paesi terzi. Infatti,  il “contenitore” delle merci importate, in quanto prodotto da un soggetto estero, non ha scontato il contributo CONAI, ma dovrà essere smaltito o riciclato in Italia. Per questa ragione l’utilizzatore che introduce sul territorio nazionale dei prodotti imballati deve assolvere il contributo. Due procedure per assolvere l’obbligo Il contributo può essere assolto con la procedura semplificata o ordinaria: la procedura semplificata determina il contributo da pagare con due metodi forfettari, a scelta del contribuente: in percentuale (stabilita annualmente da Conai) sul valore complessivo degli acquisti intracomunitari ed importazioni; in misura fissa sulla tara degli acquisti intracomunitari ed importazioni, senza necessità di individuare e separare i singoli materiali la procedura ordinaria prevede che i singoli materiali da imballaggio vengano identificati e pesati, per poi calcolare il contributo in base alle tariffe in vigore. La procedura semplificata viene utilizzata quando risulta difficoltosa l’individuazione dei singoli materiali, in quanto i prodotti importati sono eterogenei e variegati ed in ogni caso perché l’impegno delle risorse nel reperimento dei dati necessari è minimo. E’ però importante rilevare che in molti casi, in funzione della combinazione tra il mix dei materiali ed il volume delle importazioni,  la scelta delle procedura più idonea può dar luogo a risparmi rilevanti. Fermo restando l’obbligo di adesione, gli importatori sono esonerati dalla presentazione della dichiarazione e dal pagamento del tributo, qualora questo non ecceda € 100,00 in caso di procedura semplificata ed € 50,00 per ogni singolo materiale in caso di procedura ordinaria. Le sanzioni sono particolarmente pesanti. Per la mancata adesione è prevista una sanzione pari ad € 5.000,00, mentre le infrazioni connesse alla mancata dichiarazione e al mancato versamento del contributo possono essere sanzionate fino al 150% dell’importo dovuto. L’importatore in regola spesso non sa che potrebbe avere diritto ad un rimborso Infatti, l’importatore che utilizza le procedure semplificate e ha dichiarato un contributo entro la soglia determinata annualmente da Conai,  può chiedere a rimborso quota parte del contributo versato, proporzionalmente alle esportazioni effettuate nel medesimo anno.

20-12-2018 Marketing e comunicazione in Germania: simili e diversi

Nel modo della comunicazione e del marketing esistono grandi differenze tra l’Italia e la Germania. Differenze che iniziano dagli elementi più semplici. Pur trattandosi di due paesi occidentali appartenenti alla stessa area geografica, l’attitudine personale e la tradizione hanno di fatto portato allo sviluppo di un linguaggio (inteso nel senso ampio del termine) differente. E nonostante le economie e le strutture aziendali siano simili, atteggiamenti diversi possono creare incomprensioni e strutturare la comunicazione, o intere trattative, in modo diverso da come gli interlocutori se l’aspettavano, in positivo o in negativo. I tedeschi spesso si esprimono in modo diretto ed obiettivo, senza giri di parole. La priorità è far passare il concetto, anche se “scondito” di ulteriori spiegazioni o gesti. Spesso, possono apparire freddi o dare l’idea di disapprovare anche se non è così. Anche dal punto di vista non verbale, c’è un contegno differente. Questo si nota anche nella gestualità (gli italiani viceversa sono noti nel mondo per i gesti usati come accompagnamento del discorso), e ciò si riflette anche nelle espressioni facciali e nel linguaggio del corpo.  Una comunicazione più essenziale Gli italiani generalmente comunicano in modo più emotivo ed espressivo. La comunicazione non verbale, ai loro occhi, rafforza l’effetto e promuove lo sviluppo delle relazioni. Se questi elementi mancano, l’italiano potrebbe interpretare la discussione in modo impassibile e distaccato, come detto, pensando anche a una disapprovazione dell’interlocutore. Viceversa per un tedesco è normale puntare sull’essenzialità. Lo stesso vale per i complimenti. In Italia, così come nei paesi mediterranei in generale, se ne fanno di più, e si accettano volentieri rispetto alla Germania. Viceversa, un tedesco risponde ai complimenti spesso imbarazzato o in modo diffidente, in particolare quando il contesto è lavorativo, svalutando subito il complimento appena ricevuto con scuse o spiegazioni. Questa reazione può essere vista dai partner italiani come rifiuto, quando invece è la normalità delle cose. I tedeschi mostrano il loro interesse per un argomento principalmente con un ascolto disciplinato. Gli italiani, d’altro canto, segnalano la loro attenzione e interesse ripetutamente facendo domande ai relatori. Anche in questo caso può essere estremamente difficile per coloro che hanno un’attitudine più “mediterranea”, capire se e quanto entusiasmate sono le persone che hanno davanti. Se è difficile in Germania, chissà dall’altro capo del mondo! Quello della Germania è l’esempio più calzante di quante incognite possano esserci anche alla base del processo di internazionalizzazione. Se ci sono così tante sfaccettature con un paese vicino e simile al nostro, è facile comprendere come in contesti più lontani e delicati (medio oriente, Asia, USA) tutte le minime variabili vadano valutate al meglio. LIA può accompagnarvi anche in questi aspetti grazie all’esperienza e alla sensibilità nei rapporti con culture e situazioni differenti da quella italiana.

12-12-2018 Lavoratori all’estero in trasferta: libera circolazione non significa far west

Leggende Metropolitane: “Nell’Unione Europea vige la libertà di circolazione di persone e merci, quindi posso inviare i miei lavoratori all’estero in trasferta liberamente, dove mi pare, senza alcun tipo di adempimento” L’avvento del mercato unico ha permesso di fatto la libera circolazione delle persone e delle merci, ma ogni stato coinvolto ha conservato i propri standard sociali. E’ diventata frequente la pratica di impiegare lavoratori a basso costo in nazioni dove il costo del lavoro è nettamente più elevato, di fatto sfruttando i lavoratori e praticando concorrenza sleale all’interno dei mercati. Vengono quindi pubblicate due direttive UE, la 96/71/EC del 16/12/1996 e la 2014/67/EU del 15/05/2014 che hanno lo scopo principale di tutelare i lavoratori e la concorrenza, contrastando gli appalti illeciti ed evitando il cosiddetto “dumping sociale“. Genesi di una leggenda metropolitana Ma come è possibile, se la normativa risale a oltre 20 anni fa, che questa leggenda metropolitana sia così radicata? Che ci crediate o meno, è una questione di terminologia. Ricostruiamo l’equivoco: la direttiva è relativa al “distacco transnazionale dei lavoratori”; in Italia il termine ͞distacco ͟è storicamente riferito alle previsioni della Legge Biagi (D.Lgs. 276/03), che non ha nulla a che vedere con il tema che trattiamo. Il distacco, infatti, ai sensi dell’art. 30 della Legge Biagi, consiste in un provvedimento organizzativo con il quale il datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa, pur mantenendoli alle proprie dipendenze. Peraltro, perché il distacco sia lecito, è necessario che soddisfi delle condizioni tassative sulle quali qui non ci soffermiamo. Le imprese, l’amministrazione finanziaria italiana ed i CCNL italiani più rappresentativi qualificano da sempre l’invio temporaneo di lavoratori all’estero, per svolgere uno specifico servizio, come trasferta, ovvero un mutamento temporaneo del luogo della prestazione lavorativa con previsione certa di rientro nella sede di lavoro originaria.